lunedì 22 dicembre 2014

BUONGIORNO, SONO APE MAYA


Il monologo a teatro è un’arma a doppio taglio.Se l’attore/attrice è convincente, ben calato nel ruolo, può incantare lo spettatore, anche se il testo ha solo qualche spunto interessante. Se, invece, chi recita non è abbastanza dentro la parte, per quanto ben scritta e                          di livello, si prova la strana sensazione che si disperda, che      non prenda         e che, soprattutto,             sarebbe stato meglio leggerla. Non succede con “Diario di un’ape operaia” di Giulia Lombezzi, per la quale calarsi nella parte  sembra essere assolutamente naturale. Non si riesce a immaginare come si potrebbe interpretare quel copione in modo migliore e con una gestualità più adatta. La motivazione è semplice da scoprire. La giovane attrice(classe 1988) è riuscita nell’intento proprio perché ne è anche l’autrice. Certo è importante, ma non determinante, il contributo di Claudio Gay pianista e compositore suo coetaneo, che ha scelto dei pezzi musicali, come stacchi o di accompagnamento, che non solo non deviano minimamente dal senso del monologo, ma lo rafforzano. Come dice il titolo, è il racconto di un’ape-donna che alla ricerca disperata di un lavoro lo trova in un alveare-call center. All’inizio è un crescendo d’ilarità per i tentativi della precaria-ape di realizzare più chiamate possibili in meno tempo. Con qualche elemento forse un po’scontato, ma trasformato e reso inedito da una recitazione veloce, scattante, dove la mimica e il movimento, e anche la musica di appoggio, sono davvero innovativi. Poi, senza perdere il filo dello humour, il racconto diventa più serio, fino ad arrivare al patetico e a toccare, senza presunzione, ma con osservazioni acute, il problema umano e sociale. 

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