L’acqua che scorre e la memoria. Sono due concetti apparentemente poco
conciliabili. Almeno così sosterrebbe Eraclito e non solo. Eppure fissare in una foto le
immagini dell’acqua, di mare o di fiume, che comunque scorre e si muove, magari immortalando anche qualche
frammento di natura trascinato dalla
corrente , è quasi la dimostrazione del contrario. O per lo meno di come i due
concetti possano essere legati. Giulia Vasta ce lo fa notare. Con la sua
mostra “Le forme dell’assenza” fino al 30 aprile all’Unimedia Contemporary Art
di Genova. Da vedere il frutto di uno studio e una ricerca curiosa e scrupolosa
di anni. Dalla
forma più immediata e semplice del
filmato dove si vede il fiume che scorre trascinando con la sua corrente
rami, arbusti, oggetti abbandonati. Alle
serie
Dissipazioni, 50 0 60 fotogrammi di un video assemblati nella stessa cornice. Uno racconta il passaggio dell’acqua di mare nelle sue mani.
Un altro lo scioglimento in 18 minuti di
una saponetta, tenuta sempre nelle sue mani, sotto il rubinetto di un lavabo
. E poi ci sono i ricordi, veri e
propri, con una loro consistenza sempre legati all’acqua, ovviamente. Come l’installazione-tavolo con 27 piccoli quadrati con rametti
trovati sulle rive di un fiume, sassolini, pezzi di terra, tracce o foto. O ancora i confronti, fra quello che è
generato dalla natura e quello che è prodotto dall’uomo. Ecco per esempio un rosario, che si era incastrato in un ramo, affiancato da un
pezzo di legno che ne richiama le linee.
O ancora uno stivale di gomma abbandonato sulla sabbia con le tracce intatte della sua suola e a fianco un ramo che ha la stessa curvatura
. Non sono molti i pezzi esposti nella prima rassegna personale di Vasta, ma vanno
visti con attenzione e tempo. Per
coglierne quell’attrazione che stimola i pensieri e i ricordi. E’ una testimonianza di quanto la natura possa
essere interessante, mutevole e addirittura creativa, senza la presunzione di
volere dare un messaggio.
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