Certo è una banalità da dire, ma
viene spontanea. Chissà cosa avrebbe fatto Piero Manzoni se non fosse morto a neanche 30 anni. Tutti, o quasi, conoscono la Merda
d’artista o gli Achromes, ma non sono
che due dei tanti aspetti di un’opera ampissima, variegata, sfaccettata, piena di spunti, incroci di idee,
sperimentazioni. Visitare la mostra a
Palazzo Reale di Milano, dal 26 marzo al 2 giugno, è il modo migliore per
rendersene conto. Non solo perché le opere sono tante, ma anche perché sono esposte in un allestimento essenziale,
che sarebbe piaciuto all’artista. Colui che ha
scardinato i canoni dell’arte viene trattato come un classico. Con le
opere disposte nelle sale che riproducono il cardo e decumano, su cui è
stata costruita Milano, il terreno fertile dove si è sviluppata la creatività
di Manzoni. L’allestimento, infatti, non
segue il principio del sensazionalismo, che sarebbe stato facile e di immediata soddisfazione, ma punta sull’approfondimento.
Vuole mettere in luce la capacità di
questo straordinario artista di inventare e usare linguaggi nuovi. Come ha detto Flaminio Gualdoni, curatore
della mostra insieme a Rosalina Pasqualeo, la rassegna è antologica, vuole ricostruire
tutti gli aspetti e le fasi del percorso artistico e soprattutto quell’ansia di Manzoni di fare e sperimentare
sempre di più, incrociando, sovrapponendo, mescolando. I curatori hanno scelto di non ridurre a
slogan la sua carriera. Sarebbe stata una mostra più popolare forse, ma si sarebbe disconosciuto che il suo non
era “un dire diversamente” ma “un dire cose nuove”. Salta all’occhio l’uso di materiali
assolutamente insoliti. Il catrame con i sassi e il colore naturalmente, la tela grinzata con il caolino per i suoi Achromes.
Ecco le michette, tipico pane milanese, trattate con il caolino. O ancora
l’ovatta geometrizzata in quadrati, la
carta compressa, il peluche, le palle di paglia, i panni cuciti, il caolino con
la tela. Il polistirolo con le palline degli ultimi tempi. Pare che quando fu
trovato morto, nel suo studio in Fiori Chiari, per un infarto, avesse appena
ultimato una di queste composizioni. E
poi documenti , filmati che rivelano
performance con il corpo umano davvero ante litteram. Coerente e in sintonia il catalogo di Skira, esauriente
e di grande sobrietà.
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