martedì 25 marzo 2014

OMAGGIO A UN GENIO


Certo è una banalità da dire, ma viene spontanea. Chissà cosa avrebbe fatto Piero Manzoni se non fosse morto  a neanche 30 anni.  Tutti, o quasi, conoscono la Merda d’artista  o gli Achromes, ma non sono che due dei tanti aspetti  di  un’opera ampissima, variegata, sfaccettata, piena  di spunti, incroci di idee, sperimentazioni.  Visitare la mostra a Palazzo Reale di Milano, dal 26 marzo al 2 giugno, è il modo migliore per rendersene conto. Non solo perché le opere sono tante, ma anche perché  sono esposte in un allestimento essenziale, che sarebbe piaciuto all’artista. Colui che ha  scardinato i canoni dell’arte viene trattato come un classico. Con le opere  disposte nelle sale che  riproducono il cardo e decumano, su cui è stata costruita Milano, il terreno fertile dove si è sviluppata la creatività  di Manzoni. L’allestimento, infatti, non segue il principio del sensazionalismo, che sarebbe stato facile e di immediata  soddisfazione, ma punta sull’approfondimento. Vuole mettere in luce  la capacità di questo straordinario artista di inventare e usare linguaggi nuovi.  Come ha detto Flaminio Gualdoni, curatore della mostra insieme a Rosalina Pasqualeo,  la rassegna è antologica, vuole ricostruire tutti gli aspetti e le fasi del percorso artistico e soprattutto  quell’ansia di Manzoni di fare e sperimentare sempre di più, incrociando, sovrapponendo, mescolando.  I curatori hanno scelto di non ridurre a slogan la sua carriera. Sarebbe stata una mostra più popolare forse,  ma si sarebbe disconosciuto che il suo non era “un dire diversamente” ma “un dire cose nuove”. Salta all’occhio l’uso di materiali assolutamente insoliti. Il catrame con i sassi e il colore naturalmente,   la tela grinzata con il caolino per i suoi Achromes. Ecco le michette, tipico pane milanese, trattate con il caolino. O ancora l’ovatta geometrizzata in  quadrati, la carta compressa, il peluche, le palle di paglia, i panni cuciti, il caolino con la tela. Il polistirolo con le palline degli ultimi tempi. Pare che quando fu trovato morto, nel suo studio in Fiori Chiari, per un infarto, avesse appena ultimato  una di queste composizioni. E poi documenti , filmati  che rivelano performance con il corpo umano davvero ante litteram.  Coerente e in sintonia il catalogo di Skira, esauriente e di grande sobrietà.   

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