|
Scarlett Johanson e Ashley Greene in Sachinbabi |
|
Sachinbabi, marchio americano |
Quanti negli anni Cinquanta sapevano che Audrey Hepburn vestiva Givenchy in Colazione da Tiffany oltre
l’attrice e Monsieur Hubert? Pochissimi, la costumista, i parenti stretti,
forse qualche ricca signora che frequentava l’atélier del sarto.Adesso lo sanno
in molti, anche chi non si interessa di moda o chi il film non l’ha mai visto.
Tutto è iniziato negli anni Ottanta con Richard Gere in American Gigolo vestito
da Giorgio Armani. Con lunghi close up su still life di camicie, in abbinamento
con cravatte e pantaloni. Da quel
momento è stato tutto un susseguirsi di
marchi e firme sul grande schermo, e non solo. Sul piccolo, nei festival, nelle premiazioni. C’è chi al
cinema resta a vedere i titoli di coda e
non per avere informazioni sulle musiche o per assicurarsi con l’ultima scritta che non
hanno maltrattato gli animali. Ma per scoprire che la gonna della
protagonista è di quel marchio di cui due settimane fa ha comprato una sciarpa.
E i giornali coltivano questa curiosità citando
di chi era l’abito portato da una certa attrice in una certa scena. Ma anche nella vita privata e non solo per il red carpet. Per i capi più semplici , le tute,
i piumini, con cui le dive diventano
umane, imitabili, punti di riferimento facili da seguire. Se agli Oscar il tappeto rosso è gremito di
smoking e abiti da sera di maison italiane
e francesi, in Italia sbarcano con successo marchi d’oltreoceano preceduti
da immagini di attrici che lì indossano abitualmente.
Diventa più invogliante all’acquisto il fatto che Scarlett Johanson o la
Twilight girl Ashley Greene, li adorino, piuttosto che sapere che sono capi di
grande creatività, ottimi tessuti, e tagli perfetti e donanti. Chissà se lo
stimolo è una inconscia identificazione con la celeb o una
convinzione, sempre inconscia, che con quel capo si potrà avere quei 15 minuti
di celebrità a cui alludeva Andy Warhol?
Nessun commento:
Posta un commento