mercoledì 12 febbraio 2014

QUEL SOTTILE CONFINE


Un grande cubo con solo tre pareti, all’interno una camera,  un’altra che si intravvede appena con una finestra, un corridoio. Il tutto filtrato  da qualcosa che stempera i contorni. Pochi  mobili, quasi dei simboli. Un letto con la testiera metallica, una sedia, un tavolo, la carrozzina di un neonato.  Una lampada pende dal soffitto, ma non è abbastanza per  illuminare. Un faretto ossessivo, abbagliante sembra voler costringere nel  cuore della scena. E poi luci dall’esterno che formano  riflessi, ingrandiscono le figure umane,  creano giochi da ombre cinesi. E’ la scena che appare sul palcoscenico  del Teatro dell’Arte di Milano per “L’insonne” di Lab 121 (fino al 23 febbraio).In questa occasione più che mai la linea di confine fra teatro e installazione artistica  è sottile, infinitesimale, inesistente. Lo spettacolo si percepisce nell’insieme, appaga vista e udito. I due attori Alice Conti e Francesco Villano, peraltro bravissimi, non sono che un dettaglio, fondamentale certo, ma parte del tutto. La regia di Claudio Autelli, che ne ha curato anche la drammaturgia con Raffaele Rezzonico, è inappuntabile, ma   dipendente  dalla scelta delle luci, dei suoni, delle musiche particolari. Come  quel “Tous les garçons et les filles de mon âge” a sorpresa, che  aiuta a datare e introduce in un piano di realtà più comune. E poi l’espediente della voce registrata femminile,  che però è un uomo che parla in prima persona , forse Sandor, il protagonista, con i suoi ricordi confusi, i suoi sogni, le sue manie. La pièce è un libero adattamento  dal romanzo “Ieri” di Agota Kristof, scrittrice  ungherese costretta a fuggire dall’ Ungheria nel 1956. Nei suoi scritti  è sempre presente quella situazione di sradicamento, quello strappo violento subito, quella ferita di cui non è mai riuscita a guarire. E’ un testo che può far riflettere certo, ma è un po’ debole, a un passo dalla retorica, non avrebbe la forza di trascinare. L’insonne, invece, affascina, provoca emozioni, inchioda alla poltrona, prende i pensieri e soprattutto cattura lo sguardo.  

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