foto Francesca Ripamonti |
Riesce a essere più credibile in
una parte drammatica chi ha avuto una vita difficile, disseminata di lutti, grandi dolori, esperienze tragiche o è tutta questione di mestiere, per cui chi ha avuto una vita
serena e felice può essere il migliore protagonista anche di una tragedia
greca? Chi ha sofferto può essere un ottimo interprete o il suo
vissuto personale può diventare un
ostacolo, perché è troppo coinvolto? Anche chi non si è mai posto il problema ne
viene forse sfiorato quando sulla scena a recitare sono dei
detenuti. Le compagnie teatrali nate nei carceri sono ormai una realtà
diffusa anche in Italia. Alla casa
circondariale femminile di Sanquirico di Monza non c’è una compagnia vera e
propria, ma per idea e volontà della Dottoressa Maria Pitaniello, direttore del
carcere, da qualche anno le detenute seguono
un corso di teatro classico. Per il
loro debutto la regista Luisa Gay ha immaginato il sequel
delle Troiane di Euripide, con possibili lettere dei personaggi femminili. Così ad esempio Cassandra racconta di essere sbarcata
con Agamennone su un’isola e aver fondato
una città. Le attrici-detenute, per la maggior parte straniere, sono
state così convincenti e sono riuscite così tanto a emozionare che la fotografa
Francesca Ripamonti le ha volute immortalare con il suo obiettivo. E le foto sono
diventate il soggetto di un libro e di
una mostra “Amori Sbarrati”, dal 13
febbraio al museo d’Arte Contemporanea di Lissone e dal 21 al 24 nella sede del quotidiano Il
Piccolo di Monza. All’inaugurazione è stato proiettato il video di Carlo Concina realizzato
nel backstage del servizio fotografico
con lo styling ipercreativo dello studio Aldo Coppola. E per iniziativa della Casa della Poesia di
Monza e di Marialberta Mezzadri e
Zeroconfini Onlus, si è anche presentato un libro di poesie delle detenute.
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