Dugongo, in basso gazzelle |
Le lunghe spiagge deserte con il mare blu, in cartolina
o dal vero, le abbiamo viste tutti. La barriera corallina non è un mistero per parecchi subacquei e non solo. I pellicani che
svolazzano sulle barche sono l’attrazione di diverse isole lontane. Avvistare le
tartarughe marine mentre depositano le uova sulla sabbia è più difficile, ma è nel
carnet di viaggio di molti. Invece
vedere delle gazzelle che corrono in mare come bambini al primo giorno di vacanze, non è così
scontato. Come non capita in tutte le
spiagge, per esotiche che siano, vedere un dugongo, detto anche sirenide, senza
il filtro del vetro di un acquario. All’arcipelago Dahlak nel Mar Rosso invece
può capitare. Perché queste più di 120 isolette che fanno parte dell’Eritrea,
per vicissitudini storiche e politiche, non
sono mai state sfruttate turisticamente.
Non solo non ci sono resort, voli charter o low cost, ma non c’è neanche
la luce elettrica e l’acqua, che scarseggia, si prende dai pozzi. Chi ci va deve attrezzarsi con tende ,
vettovaglie, ovviamente riserve d’acqua e contare sull’ospitalità degli abitanti, per la
maggior parte pescatori. Insomma le Dahlak sono una meta straordinaria, con
un’odiosa espressione un vero paradiso
terrestre, ma da meritare. E’ importante quindi sentire i suggerimenti di
chi c’è stato. “Isole Dahlak. Un arcipelago del Mar Rosso eritreo” (Erga Edizioni)
è la lettura ideale, perché è scritto da Giuseppe De Marchi, Giampaolo
Montesanto, Guido Traverso, tre genovesi che hanno vissuto molti anni in
Eritrea e insegnato nel liceo scientifico italiano di Asmara. Ma il libro non si limita ai consigli e alle descrizioni
da guida o alle foto di grande effetto, ma racconta la storia, piuttosto
intricata, che lega la Liguria all’Eritrea, prima del capitolo infelice della colonizzazione italiana.Raffaele Rubattino, armatore
genovese, è stato il primo nel 1869, dopo l’apertura del canale di Suez, ad
approdare con la nave in quelle terre, già
visitate dal frate genovese Giuseppe Sapeto . E il genovese Arturo Issel
fu uno dei primi ad avventurarsi nell’arcipelago nel 1870.
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