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Ressa nel quadrilatero (2012) |
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Il cortile di Palazzo Morando |
La tanto attesa Vogue Fashion’s
Night Out a Milano sarà il 17 settembre a
ridosso delle sfilate della donna, che
iniziano il 18. Lo hanno annunciato Franca
Sozzani, direttore di Vogue e Cristina Tajani, assessore alle politiche per il
lavoro, sviluppo economico, università e ricerca . Entrambe hanno ribadito che
è un modo per rendere la moda più alla portata di tutti. Palazzo Morando in Via
Sant’Andrea, con il museo di moda e costume e le raccolte di arti applicate, diventerà, dal mattino del 17 fino alla
fine della settimana della moda, il punto di riferimento dei non addetti al
settore, con una serie di eventi e iniziative. Non ci saranno invece variazioni
e novità per gli orari e le localizzazioni. Le vie coinvolte, oltre a quadrilatero
e dintorni, saranno Via Brera-Via Solferino,
Piazza Tommaseo-Via Mascheroni. Come nelle precedenti edizioni ci saranno dei
prodotti (le immancabili T-Shirt?) creati dai marchi per l’occasione, a prezzi accessibili.
L’introito della serata servirà per la riqualificazione di un campo sportivo a Quarto Oggiaro. “Per
dimostrare che la moda non è solo in centro”. Affermazione che fa sorridere, ma
rivela buona volontà. Più prammatismo
invece nell’idea di un temporary shop, dal 17 fino alla fine
delle sfilate, per i giovani stilisti in concorso. “Bisogna aiutarli a
inserirsi nel mondo del lavoro” ha detto Sozzani. Sarà premiato un personaggio,
per ora top secret, e ci sarà un’iniziativa con sei artisti sponsorizzata da Lavazza.
Obiettivo finale il tanto rincorso “fare sistema” e valorizzare il made in Italy .
”Noi siamo bravi a creare, ma non sappiamo comunicare quello che facciamo”
ha spiegato il direttore di Vogue.
Deciso anche il suo commento sulle
acquisizioni di marchi italiani da parte di stranieri. Il recente caso Loro
Piana Arnault ha fatto scrivere articoli
su articoli e non solo nelle pagine
economiche, le radio anche le più frivole, hanno fatto sondaggi sull’argomento.
Sozzani si è dichiarata assolutamente favorevole. “Se il marchio continua a essere
italiano e si protegge il made in Italy, non importa chi è il compratore. In questo modo si fanno nuovi investimenti e
si aprono posti di lavoro. Se le banche non lo fanno, è bene che lo
facciano i privati”. Qualche esperto di finanza potrebbe arricciare il naso di
fronte a questo ragionamento semplicistico, ma il suo buon senso è innegabile.
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