mercoledì 6 febbraio 2019

WHITE & GREEN


La moda è la seconda industria più inquinante nel mondo, dopo il petrolio. Il dato è poco conosciuto, ma alquanto allarmante. Da anni si parla di tessuti sostenibili, di lavorazioni che non utilizzano sostanze nocive all’ambiente. Aumentano le collezioni che rispettano l’ecosistema, come del resto le manifestazioni. Basta pensare al Green Carpet della Fashion Week Milanese alla seconda edizione. Un'ottima iniziativa, ma 
legata al prêt-à-porter di 
          alto livello che interessa quindi una minima parte  del settore. Mentre il discorso, compreso lo smaltimento dei capi e il loro riciclo, riguarda l’intera filiera fino al negoziante e il consumatore. Che è totalmente disinformato. “In Italia l’82% della popolazione si aspetta che i marchi siano trasparenti nei confronti della  filiera e dell’impatto ambientale e sociale, ma solo il 22%, cioè due italiani su dieci, ritengono che l’industria della moda informi i consumatori dell’impatto produttivo sull’ambiente e la popolazione” spiega Matteo Ward (nella foto in alto), trentenne, Ceo e fondatore di WRAD, start up italiana nata con l’obiettivo di rendere sostenibile l’industria della moda, e non a caso premiato al Green Carpet Award di Camera Nazionale della Moda Italiana. A lui è stata affidata la direzione creativa del progetto Give a FOK-us, lanciato da White, salone sempre in prima linea per ricerca e innovazione, per focalizzare l’attenzione su sostenibilità ed economia circolare. Una scelta ben centrata quella di Ward. Come sostiene Massimiliano Bizzi, fondatore di White, la moda non è più solo apparenza e immagine. Le nuove generazioni sono attente alla cultura e la sostenibilità è diventato un tema culturale. E chi meglio di un giovane può raccontarlo. La sostenibilità, secondo Ward, infatti, non è un fine, ma un modo per procedere e la crisi che si sta vivendo è un’opportunità per migliorare e riqualificare il sistema moda.
Come si è detto, molto si sta già facendo. Save the duck, il brand 100% animal friendly, impegnato anche nella salvaguardia dei mari, ha creato per la prossima primavera-estate Ocean is my Home, una collezione di giacche e gilet in un nylon ottenuto dalla rigenerazione delle reti da pesca recuperate negli oceani e sulle spiagge (foto in basso). Mentre tra i brand della Fashion Week Milanese per il prossimo inverno, Laura Strambi accessoria i suoi capi con turbanti cuciti dalle donne del Benin, in cotone biologico filato a mano, realizzato con foglie di mango e radici, e colorato con tinture naturali. Dietro questi copricapo, la storia del Paese africano che ha mandato più schiavi in America. Per cui i turbanti dovevano coprire le donne e renderle meno appariscenti.     
 

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