giovedì 27 giugno 2019

L'AFRICA DELLA SPERANZA




Fa piacere, in un momento dove la cultura è vista da alcuni come un inutile hobby per oziosi radical chic, che mezz’ora prima dell’inizio di un reading ci sia una coda di gente in attesa da  tempo, nonostante le temperature tropicali. Siamo a Milano al Piccolo Teatro Grassi, all’appuntamento serale  della Milanesiana. Iniziata il 10 giugno continua fino al 22 luglio, non solo a Milano ma in altre dodici località italiane. Ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi, tratta di letteratura, musica cinema, scienze, arte, filosofia, teatro e, in questa edizione importante perché al ventesimo traguardo, anche di diritto ed economia. Il filo conduttore scelto è la speranza, perfetto come più volte hanno commentato gli sponsor, che all’80% coprono le spese dell’evento e i relatori. Ieri sera a leggere o far leggere  brani tratti dai loro libri tre 
scrittori africani, che sul  tema della lotta al potere cieco, dell’ingiustizia sociale e della speranza, appunto, hanno impostato l’attività letteraria oltre che la loro vita. Due sono premi Nobel, due dei tre presenti nella manifestazione. Wole Soyinka, nigeriano classe 1934, lo è dal 1986 (in alto). Considerato uno dei più importanti scrittori dell’africa sub-sahariana e il maggiore drammaturgo africano, è stato in carcere per tre anni durante la guerra civile del suo Paese per aver chiesto pubblicamente il Cessate il fuoco. La sua esperienza in cella d’isolamento la racconta in L’uomo è morto. L’altro Nobel dal 2003 è John Coetzee, sudafricano, classe 1940(al centro). Ma non è stato il suo unico riconoscimento. Sempre in difesa dei diritti umani si è espresso contro il colonialismo e ha contribuito non poco a portare la questione sudafricana in primo piano sulla scena mondiale. Il terzo è Ngugi Wa Thiong’o, keniota classe 1938 (in basso). Subito dal primo scritto nel 1964 ha affrontato la questione del razzismo e dei conflitti fra cristiani e non cristiani, puntando sulla proprietà collettiva della terra come strumento fondamentale di riscatto per i kenyoti. Deciso a proseguire in questo percorso ha rinnegato la fede cristiana e la lingua inglese e ha iniziato a scrivere in giyuko e in swaili le lingue del suo popolo. Imprigionato, ha scritto il suo primo romanzo in giyuko su rotoli di carta igienica. Toccanti le letture di alcuni brani in inglese o, nel suo caso in giyuko, con traduzione sullo schermo, nella cornice che cambia colore. A seguire, la lettura di altri brani di ognuno, di Toni Servillo, coinvolgente e trascinante come sempre. A chiudere la serata, introdotta dal critico Ranieri Polese, Antonio Ballista ha eseguito al pianoforte  parte di You are the top , omaggio a Cole Porter, del compositore e pianista Alessandro Lucchetti. Inaugurata un’ora prima, nel chiostro del teatro intitolato a Nina Vinchi, la mostra fotografica che racconta vent’anni di Milanesiana  e trenta di Teatri Uniti, laboratorio permanente per la produzione e lo studio dell’arte scenica contemporanea, nato a Napoli dall’unione di Falso Movimento, Teatro dei Mutamenti e Teatro Studio di Caserta, di cui Servillo è direttore artistico. 

giovedì 20 giugno 2019

VALE IL VIAGGIO




Dicono le guide. Solo per le Pedreres de S’Hostal varrebbe la pena andare a Minorca. Sono le cave, a pochi chilometri da Ciutadella, dove si estraeva e si lavorava il marés, pietra calcarea di cui sono costruiti molti edifici storici dell’isola. L’ingresso, attraverso una casupola angusta, non promette niente di speciale, ma basta superarla e affacciarsi da un muretto ed è subito meraviglia. Un’immagine dell’insieme straordinaria, che viene completamente stravolta quando ci si entra. Il percorso è ben segnalato. Un occhio disegnato sulla pietra suggerisce che lì c’è una vista interessante. Una riga verde spiega, invece, l’itinerario  classico per non  lasciarsi sfuggire niente.  Mentre una blu indica quello più particolare, dove ci si può perdere  o  trovare una manina rossa che avverte che chi si inoltra lo fa a suo rischio e pericolo. L’idea dell’avventura, quindi, è sempre presente, mixata con quella del gioco. Di cui il labirinto è il punto forte. Guardandolo dall’alto si ha l’impressione che uscirne sia facile e invece trovandocisi in mezzo,  perfino seguendo i numeri incisi sulle pietre, si può avere qualche problema. Tanto che è normale chiedere indicazioni a quelli che dall’alto seguono l’impresa temeraria. Il fascino del luogo è  dato  dalla varietà. Per cui si passa  dal labirinto a un muro altissimo con spaccatura nel mezzo, che crea una eco e suggerisce delle analogie con il muro del pianto di Gerusalemme. O ancora ci s’imbatte, all’improvviso, in un giardino medioevale, che sembra far parte di un chiostro con una fontana al centro. Notevole la varietà di piante ed erbe da cui si è circondati. Molti i cunicoli che si aprono su spazi ampi e inaspettati. Ci sono scalinate ripidissime per i più coraggiosi, segnalati dalla manina. O massi che hanno la forma di una scultura. Zone di silenzio totale che si alternano ad altre dove il chiacchiericcio dei visitatori è moltiplicato dall’eco. Qua e là costruzioni in ferro arrugginito. Non sono né sculture né installazioni d’arte, anche se ne hanno l’apparenza. Sono i vecchi macchinari per tagliare le pietre. C’è anche una bicicletta in un angolo, impossibile resistere dal cavalcarla. Nel dépliant si parla di un paesaggio scolpito nella roccia, ma le Pedreres sono molto di più di un paesaggio. Sono un mondo dove trovare arte, passato, storia, archeologia industriale, mistero, gioco, divertimento. E non sono molti a conoscerlo.  Anche perché Lithica, questo è il nome del sito, è aperto da novembre a marzo solo dalle 9,30 alle 14,30. Mentre da aprile a ottobre si può visitare anche nel pomeriggio dalle 16,30 al tramonto.     

lunedì 17 giugno 2019

LIETO FINE


Ultimo giorno di moda maschile milanese, aperto dalla sfilata di Fendi e chiuso da quella di Giorgio Armani. Si riconferma il tema della sartorialità che sulla passerella di Pal Zileri potrebbe sembrare ovvio e scontato. Ma non lo è. Il direttore creativo Rocco Iannone, infatti, riesce a mantenere i valori della tradizione con una rilettura intellettuale certo, ma innovativa e intrigante. Senza estremismi. Per quelli che titola Capricci,  con un chiaro riferimento alla musica, parte da un libro di Roberto Calasso che racconta il Tiepolo come                               emerge dal suo diario zeppo di appunti e schizzi su luoghi e opere ispiratrici. Ed ecco che reinterpretati questi schizzi arrivano sulle sete delle  camicie, sulle cravatte, sulle pochette e da lì Rocco estrapola i colori per gli abiti dalla silhouette anni ’80. Interessante il lino trattato per aver l’aspetto della iuta, in perfetto accordo  con la seta stampata. Ai piedi drive-shoes, trasformate in funzionali ciabatte. Ragionata anche la scelta della location, una ex discoteca dove secoli primi c’erano le terme. Edithmarcel, brand italiano creato nel 2015 da Gianluca Ferracin e Andrea Masato che sfila anche con la donna, adotta tagli, aderenze,  materiali dell’abbigliamento tecnico e li mixa con elementi squisitamente couture come le plissettature, tessuti come l’organza e il crêpe e colori come il rosa shocking (a destra). Difficile distinguere i modelli dalle modelle sulla passerella del portoghese Miguel Viera, per quanto curiosamente nessuno sia troppo effemminato e nessuna troppo mascolina. E’ dovuto al sapiente giocare con i tagli sartoriali, le stampe a sorpresa, i dettagli, le sovrapposizioni. E non dare mai niente per scontato. Così lo spolverino per lei è rigoroso e bordeaux  ma donante, quello di lui è dorato, ma non eccessivo (a sinistra). Suoni effetto temporale aprono e chiudono la sfilata di Spyder, marchio di luxury sportswear fondato da David Jacobs, coach del Canadian. Infatti lo sport è il punto forte e di partenza della collezione. Dai pantaloni da tuta alle felpe, dai bomber alle sneakers, ai leggerissimi imper tutto è all’insegna del tecnico confortevole. Flash innovativi di colore soprattutto nei capi da donna. David Catalàn, fondatore del marchio omonimo con sede a Porto e a Madrid, guarda agli anni 90 di Kurt Cobain e allo streetwear ed elabora un suo stile particolare. Camicie, giacche, spolverini sono profilati come i pigiami. I trench sono senza maniche. Studiati gli accessori, come le borse da legare al polso. Colori preferiti verde, blu e rosso, anche insieme  negli scozzesi. 

domenica 16 giugno 2019

LA FIERA DELLE VARIETA'



foto Giovanna Dal Magro


Bed j.w.Ford, brand del giapponese Shinpei Yamagishi, ha aperto oggi le passerelle con incroci di casual e classico e giochi di sovrapposizioni (a destra). In concomitanza con John Richmond, che torna a Milano con uomo e donna. Per lui completi con bermuda, perfetti per i manager delle isole omonime, pantaloni lunghi o gonne a pieghe, very british. Le giacche sono modificate con tasche a soffietto, inserti, profili di borchie, stampe effetto pitone.  Per lei tute, giacche e top con spalle ad alette. Eleventy presenta la collezione nel verde giardino dell’Hotel Bulgari. Il direttore creativo Marco Baldassari parla di sostenibilità e di “quanto può fare male un capo al pianeta”. “C’è un piano B, ma non un pianeta B” dice. Grande attenzione quindi ai materiali. La T-shirt è in canapa e lino. Speciali trattamenti per il denim. Curatissimi i dettagli  (al centro). Per quanto il panorama moda si presenti variegato, il sartoriale è ricorrente. Nella scarpa si traduce in alta artigianalità. Santoni sceglie la cornice preziosa di Palazzo Gallarati Scotti e divide la collezione in sette capitoli che corrispondono ad altrettanti video o film sulla bellezza. C'è il Classic con stringate, pezzo unico senza cucitura, l'Holiday con scarpe da barca rivedute nei pellami, Downtown con la sneaker flessibile e iperleggera, Wild con lo scarponcino. La loafer regna sovrana da Jimmy Choo che la personalizza con stelline o con il nome, in alternativa al solito logo. Giuseppe Zanotti Design punta sui materiali, in genere vitello, che rivede con stampa coccodrillo o pitone: dallo stivaletto alla stringata, dalla loafer alle espadrillas che propone zebrate (in basso). La sneaker ha suola trasparente o è dorata in una colata unica, suola compresa. Il confort e lo stile è il binomio-obiettivo di Brunello Cucinelli. Per il primo punto i pantaloni sono con pinces, le giacche destrutturate ma avvitate, nei tessuti il nylon si unisce alla seta. Per il secondo punto la scelta dei colori: rosso ciliegio e rubino, ma anche i moderati blu, grigio, beige. Tra gli accessori, straordinaria ed evocativa la borsa da tennis in pelle e canvas. Chic e raffinata la collezione di Brett Johnson, ventinovenne di New York con una grande passione per l’Italia, tanto da far produrre tutto in Toscana e Umbria. E’ il suo debutto ufficiale a Milano, ma il marchio è già nei più quotati negozi. Molto blu e nero, tessuti scelti, bottoni in vero corno, per un’eleganza understatement. Non lo stesso si può dire di Billionaire dove tutto è all’insegna del lusso esibito. Dalle giacche alle scarpe d’oro, alle borse di coccodrillo, agli stampati con i lingotti. Finti lingotti sono l'ineffabile fil rouge dell’allestimento. La moda campana è approdata a Milano per due giorni con JFTAhub. Sette marchi, tutti dedicati alla donna, con proposte variegate e creative, Dal gioiello alla borsa, dallo smoking all’abito, dalla giacca al bomber di visone.  

sabato 15 giugno 2019

L'UOMO E L'AMBIENTE


Anche a Milano come a Firenze la sostenibilità è nelle corde del mondo della moda. E WSM di White è uno dei portabandiera. Lo grida subito all’ingresso l’installazione       immersiva Get in sync water dello studio Draw Light: video con fondi marini dove improvvisamente tutti i pesci fuggono, rimpiazzati da bottiglie di plastica. Stimolano a focalizzare l’argomento,partendo dall’acqua. Ma il progetto Give a Fok-us, ideato da Matteo Ward, non si limita a questo.  Unisce le proposte di aziende tessili che riutilizzano reti di scarti, o usano la grafite, non inquinante, per T-shirt come Wrad, brand di Ward.  O  come Candiani  realizzano un denim al 50% con cotone riciclato  e al 50% con Tencel, fibra artificiale che parte dal legno. Sua la grande onda di denim che attraversa il salone. Nove25 con i suoi  gioielli ha adottato la configurazione che modifica virtualmente un anello o un bracciale, non solo per la vendita on line, ma per la progettazione, evitando inutili prototipi che devono poi essere smaltiti. Cinzia Macchi di La Milanesa produce borse mix di PVC riciclato dai tappi di bottiglia e rafia e usa vecchie cinture come tracolla. E con parte dei proventi delle vendite sta creando con il Comune di Milano un laboratorio con corsi per insegnare alle donne maltrattate un lavoro. L’invasione della plastica è ben raccontata alla sfilata di Marni dove i modelli sfilano, tra il pubblico in piedi, sotto a un soffitto che simula un enorme, incombente sacco zeppo di bottiglie.  Indossano capi classici trasfigurati negli accostamenti di colore, blazer e pantaloni patchwork di tessuti vari, scarpe stringate aperte sul dietro come ciabatte, borsoni enormi trascinati come cagnolini, cappelli fatti di spazzatura da un’artista georgiana (in alto a sinistra). Grande attenzione alla sostenibilità nella collezione da Kiton che, nell’appena acquisito lanificio di Biella,  sperimenta nuovi materiali, come una lana ultraleggera e morbida per giacche che costano 30mila euro (in basso). Da indossare con cravatte regimental in lino  o  camouflage. Camouflage anche per i mocassini.
Se lo smaltimento dell’ abbigliamento è un problema per l’ambiente, Fragiacomo con le sue scarpe senza tempo risolve in parte il problema. A dimostrazione delle lavorazioni straordinarie, per isolare la tomaia dalla suola, rendendo questa sostituibile, mostra la performance di un maestro artigiano. L’importanza dell’heritage lo conferma anche Trussardi con Archive-now. Se nelle edizioni passate i pezzi d’archivio erano lo spunto per installazioni e video, questa volta  hanno ispirato il designer Giorgio Di Salvo per la capsule, dove la pelle è dominante, come il logo del levriero (in alto a destra).