giovedì 29 novembre 2018

DONNE E MOTORI


Che Zsazsa Gabor e Jayne Mansfield abbiano avuto una Ferrari non fa certo scalpore. Le si immagina al volante di decapottabili rosse (o rosa?)con foulard o chiome al vento e occhiali da sole.  Ma che guidassero una Ferrari Françoise Sagan scrittrice  protoradicalchic e Anna Magnani musa del neorealismo, invece stupisce. Lo si scopre nella

                  mostra Il rosso & il rosa, da maggio a dicembre al Museo Enzo Ferrari di Modena. Come lascia intuire il titolo, da vedere le automobili appartenute a donne famose,  con corpose didascalie e loro foto. Un panorama molto 

variato, con personaggi e relativa auto, che vanno dagli anni ‘50 a oggi. Dalla principessa Gabriella di Savoia a Ingrid Bergman fino alle più recenti, come la cantante Amy Mac Donald o l'imprenditrice e pilota Deborah Mayer. Per quanto la mostra possa incuriosire amanti del gossip e dei motori, non è certo la motivazione principale per visitare il museo. 
Davvero un luogo che vale la pena di vedere, anche per chi è indifferente al fascino dei bolidi. In centro di Modena, inaugurato nel 2012, il museo è stato progettato dall’architetto ceco Jan Kaplicky, morto prematuramente prima di completare l’opera, e costruito secondo criteri di sostenibilità ambientale. Ha, infatti, un impianto di riscaldamento geotermico e uno di riciclo delle acque. E’ costituito da due elementi molto diversi, integrati fra loro in modo armonioso. Uno è la casa natale di Enzo Ferrari poi sua officina, tipica cascina ottocentesca, l’altro è un’avveniristica costruzione con la copertura che richiama il cofano di un’auto, dello stesso giallo che, nel logo, fa da sfondo al cavallino rampante.  L’interno è tutto bianco, dal soffitto altissimo e a volta alle pareti, al pavimento degradante. Con enormi vetrate frontali che consentono per molte ore un’illuminazione naturale. Qui le auto, che variano a seconda del tema dell’esposizione, sono esposte su pedane girevoli alte mezzo metro. Nel vecchio cascinale, invece, una galleria racconta la vita del mitico Enzo, dalla foto della prima comunione, nel 1906, a otto anni con mamma papà e fratello, alla festa per il novantesimo compleanno nel 1988 con il figlio Piero.  Mentre una serie di motori al centro ripercorrono, passo dopo passo, la sua opera. A completare il tutto, una sala per gli eventi, un’aula didattica, una caffetteria e uno store con i prodotti marchiati Ferrari. Cappellino con visiera compreso, visto qualche anno fa anche su Donald Trump, allora possessore di una Ferrari. 

martedì 27 novembre 2018

L'ARTE DI CAMBIARE I CONNOTATI




Può capitare che, guardando foto artistiche di uno sconosciuto o di una sconosciuta, si pensi a che tipo di persona potrebbe essere, nel caso di una donna magari la si immagina con dei dettagli diversi,le si aggiunge 

un particolare. Si prova a caratterizzarla,  ovviamente solo con la fantasia. Francesca Agrati lo fa davvero, non solo con l’immaginazione. Formata nelle tecniche di addizione pittorica attraverso le lezioni di Valeria Oliva, la giovane artista parte da una foto di donna, presa dal web e libera di diritti. E’ sempre un volto che in qualche modo la incuriosisce, la interessa, le vede dietro una storia. Applica la foto ingrandita in una misura standard su una tela e poi interviene. Con colori, accessori, dettagli, utilizzando le tecniche più svariate. Dalla semplice colorazione, all'applicazione con Vinavil di materiali diversi, dalle paillettes al tessuto, dalla plastica al metallo, a piccoli oggetti, sempre elementi normali del quotidiano, magari ritoccati nella tinta, sovente enfatizzati e con il risultato della tridimensionalità. A queste donne dà un nome, che le caratterizza e le definisce. Nel Gioco delle apparenze, questo anche il titolo dell’ultima mostra  purtroppo solo di tre giorni a Milano alla Dream Factory, le protagoniste sono sedici. C’è Cleo, Cleopatra del Terzo millennio, “antipatica”, dice Francesca ridendo, con guanti neri  e un bracciale-serpente, aspide of course. Ecco Margot con la sua collana metallica che “vuol fare la misteriosa” sotto un cappello nero. Pauline dagli occhi blu, trasformata in una ragazza del nord con colbacco in 3D. Odette è maghrebina con il suo turbante in tessuto etnico. Amanda è una buttafuoco da Cirque du soleil. E poi c’è Magda la diva anni ‘50 con  occhiali neri applicati e Zoe la ragazza africana con i dreads in gesso di alabastro. Linda è l’atleta di nuoto sincronizzato, la Esther Williams del Duemila, con cuffia di paillettes, salvagente rosso acceso e grosso, improbabile bracciale. E qui i colori, che giocano un ruolo importante, mostrano più che mai la forte influenza della Pop Art sull’artista. E infine, quasi a sintesi e spiegazione di tutta la mostra, c’è Anna la donna dai due volti, non necessariamente Dr.Jekyll e Mr. Hyde, ma come forse  tutti noi  con un io tormentato e delle contraddizioni. E il nome palindromo lo anticipa. E proprio questo ritratto è stato scelto da Marco Bilico, che parte da opere d’arte per creare video a tema, per il suo progetto Dialoghi di una tela. E in questo caso il video, che era visibile durante la mostra, è sul tema della violenza alle donne.

martedì 20 novembre 2018

CON IL CUORE IN MANO


Più che in mano Milano il cuore ora l’ha su un muro.  Non pulsa, ma s’illumina di notte. E’ un murales in Via Troilo, sui Navigli, uno dei quartieri a più alto tasso di milanesità. E’ stato inaugurato ieri per l’inizio della seconda edizione della 

Milano Music Week (dal 19 al 25 novembre), ma resterà per sempre. Racconta le emozioni di quel neverending journey che è la musica. Intorno al cuore, nella sua vera forma di muscolo, sono scritti tutti i generi musicali e tutti gli strumenti, dai più noti ai più particolari ed etnici. Perché, come ha detto Luca De Gennaro curatore artistico di Milano Music Week, la musica significa molteplicità di linguaggi, parla a tutti i Paesi e a tutte le generazioni. “E’ come una mappa che racconta le diverse sfaccettature della musica” ha spiegato un artista del Collettivo Orticanoodles, autore dell’opera. “La street art è nata con la musica  Hip Hop” ha ribadito De Gennaro. E di notte si accende proprio come un cielo stellato, grazie alle vernici speciali usate. In alto c’è una piccola costellazione e la scritta Mecan. E’ il nome della nuova creatura Porsche, sponsor del murales, un’auto "in grado di rappresentare la libertà di vivere fino in fondo le proprie emozioni”, perfettamente in linea  quindi con quello che la musica trasmette. In primo piano in questa Music week, che al secondo giorno sta coinvolgendo la città, l’intera filiera della musica, dalle sale di registrazione ai concerti. Con più di 200 artisti da ogni continente, workshop, incontri, in 70 location, dalle più scontate alle più a sorpresa, come l’Apple Store di Piazza Liberty o lo Starbucks di Piazza Cordusio. Piuttosto che il Cinemino con lo spettacolo teatrale Una vita con i Beatles o addirittura l’aeroporto di Linate. Sarà al Santeria Social Club, domani sera alle 21, l’attesissimo dialogo fra il sindaco Giuseppe Sala e il musicista Marracash su come sarà la Milano del futuro e, of course, quale ruolo avrà la musica. 

lunedì 19 novembre 2018

IMPORTANTE NON FARNE UNA TRAGEDIA



Niente di più facile far ridere prendendo una tragedia greca e trasferendola in epoca contemporanea. La risata, un po’ sguaiata,  è assicurata. Ma non è questo che aveva in mente Claudio Gaj quando ha scritto Un amore di Fedra.  Capita che si rida, certo, ma non è la risata crassa. Si ride per le allusioni sottili e le citazioni a sorpresa senza sfoggio. In realtà la tragedia di Euripide è solo uno spunto per prendere di mira una serie di luoghi comuni della società contemporanea. In scena con la regia dello stesso autore, Delia Rimoldi che interpreta una Fedra ben lontana dalla seduttività del personaggio classico, Jacopo Veronese un convincente nuovo Teseo pieno di incertezze, Barbara Mattavelli nel ruolo di Afrodite, conduttrice TV sempre sopra le righe e lo stesso Claudio Gaj nei panni di Ippolito. La scenografia è solo accennata, ma sufficiente per mostrare l’azione che si sviluppa su due piani. In uno c’è il nucleo famigliare con Fedra, casalinga insoddisfatta, il marito Teseo, alcolizzato, sindaco per volere della madre, e il figlio Ippolito teenager tipo, con felpa e cappuccio, jeans stracciati, linguaggio gergale infarcito di parolacce, che non tollera la matrigna. Bastano due maschere e due sgabelli perché il palcoscenico diventi un talk show televisivo condotto dalla procace Afrodite. Il tema è la coppia, sono Oreste e la sorella Elettra, Edipo e la madre Giocasta e naturalmente Fedra e Teseo. Le interruzioni sono continue, ma senza conseguenze, tranne per Fedra e Teseo dove si riprende la tragedia greca che viene rielaborata come fatto di cronaca nera, e raccontata con il solito linguaggio stereotipato. Dalle testimonianze dei vicini, ai commenti sui personaggi sempre persone perbene che non avevano problemi economici ecc. Fedra è allo Spazio teatrale DiLà di Milano per le repliche il 24 e 25 novembre.www.spaziodila.it 

domenica 18 novembre 2018

UN LIBRO E' MEGLIO




I dati Istat dicono che il 60% degli italiani, al di sopra dei 6 anni, non legge nemmeno un libro all’anno e che il 14& degli italiani che ne leggono più di 12, sono considerati lettori forti.   Stupisce quindi il successo di Bookcity a Milano. Mille trecento eventi spalmati su quattro giorni (dal 15 al 18 novembre) con  anticipi il 14 e code il 19. Certo i nomi importanti sono stati d’attrazione da Jonathan Coe a Luis Sepulveda, e non solo nell’ambito della letteratura, dal neuropsichiatra tedesco Manfred Spitzer, scopritore della demenza digitale, a l’ex premier Paolo Gentiloni. Svariate le location, dalle  istituzionali e ovvie alle meno prevedibili come l’Acquario civico o l’autobus 90/91. La musica ha accompagnato varie presentazioni. Dal chitarrista al pianista, dal gruppo al dj, al coro. Come alla libreria Vita e Pensiero dell’Università Cattolica per la Festa della letteratura irlandese.  Con un viaggio a ritroso da Joyce a Thomas Moore, nato a Dublino nel 1779, che con le sue ballate e melodie pare abbia ispirato Beethoven e Mendelssohn. Qui con Giuliana Bendelli docente e autrice di Leggere l’Ulisse di Joyce e il poeta Tomaso Kemeny, Enrico Reggiani, docente e autore di Il Do Maggiore di questa Vita ,ha fatto cantare ai suoi studenti alcuni brani di Moore. Don Backy è stato ospite della finale della maratona di poesia alla Casa della Carità, organizzata da Don Colmegna con la lettura delle poesie dei migranti. Molta attenzione all’arte. Al Castello Sforzesco in scena il volume su Ver sacrum la rivista  della Secessione Viennese di Valerio Terraroli (Skira Editori). Altri temi affrontati la scienza, il razzismo, le donne e il femminismo.  Da Le ragazze nel ’68, con testimonianze di alcune delle protagoniste, all’Università Statale, al libro di Donatella Borghesi Io sono la tua sposa marina (Edizioni L’Iguana) a SIAM Biblioteca. Un racconto autobiografico-famigliare che, attraverso le ritrovate lettere di un nonno, ripercorre le storie di donne forti dai primi del ‘900 al 1968. Con un’unità di pensiero e linguaggi diversi, consoni al momento, pagine che commuovono e flash d’ironia. Non si inserisce istituzionalmente in Bookcity ma ne potrebbe fare parte, il recital per voce e chitarra di Carlo Pestelli, ieri sera per Musica al Tempio alla Chiesa Valdese.   Con il titolo Aperto per ferie, che già la dice lunga sul sense of humour del musicista, canzoni che parlano dei cambiamenti nella società, ironizzano su luoghi comuni e sui nuovi profili tipo, addirittura giocano con il linguaggio un po’ alla Bartezzaghi.  Evidente un grande spirito di osservazione e una notevole cultura che non fa sfoggio di citazioni, ma si percepisce e affascina.