domenica 29 settembre 2019

IMPRONTE D'AUTORE



"E' difficile spiegare cosa avevo in mente, se avessi saputo quello che volevo dire, forse non l'avrei mai fatto" dice Maria Cristina Carlini, alla posa della sua opera Impronte, nel Museo del Parco di Portofino(nella foto al centro l'artista con la sua opera). La frase apparentemente evasiva, racconta invece molto dell'artista e soprattutto della sua concezione dell'arte. Stupisce, ma si rivela profonda e intelligente, soprattutto considerando che ora chi disegna qualcosa, dall'abito al       

portaombrelli, dal grattacielo alla scarpa, parla sempre d’ispirazione, tirando in ballo preferibilmente pollai della nonna, primo giorno di scuola, sabbia del deserto ecc. Per Carlini creare un'opera viene da una 

spinta interna "Sento che devo farlo". E aggiunge, un filo ironica, ma lontano da qualsiasi falsa modestia, non nel suo stile: "Il mio capolavoro devo ancora farlo". Le sue sculture sparse per le gallerie e i musei del mondo sono, anche fisicamente, realizzate da lei. Nel suo studio a Milano, possiede forni e attrezzi di ogni tipo. Solo per le grandi opere come La nuova città che sale, alta 10 metri e inaugurata per l’Expo, si avvale della collaborazione di artigiani che segue momento per momento e nei minimi dettagli. Impronte è un pannello di ferro diviso in riquadri. In ogni riquadro c'è qualcosa di diverso. Può essere grès arrotolato, pezzetti di legno, fossili protuberanti, sopra ad alcuni sono applicate delle foglie d'oro. I materiali usati sono gli stessi di sempre.  Come commenta Carlini "trasmettono le memorie che suscitano i materiali dei tempi antichi". E' restia a dare un titolo alle opere. E' il pubblico che può leggerle come desidera. In un riquadro si può vedere un profilo da statua greca, che scompare se si guarda dal davanti, in un altro riquadro si può, per un attimo e un attimo solo, scorgere un animale, un albero. "I suoi pezzi non potrebbero chiamarsi diversamente, perché anche le parole da lei scelte sono testimonianza di natura tradotta", scrive Serena Mormino, critica d'arte e curatrice del Museo del Parco. Con lei e il presidente del Museo Daniele Crippa l'autrice ha posizionato la sua opera su un muro a secco, in una delle fasce affacciate sul porticciolo. Chi ha visto il parco prima del suo inserimento ha l'impressione che ci sia sempre stata. Come ha osservato Mormino interloquisce perfettamente con l'ambiente, "sembra un fossile generato dalla natura di Portofino". Ma non è un site specific, la sua forza è tale che risalterebbe dovunque. E' un'ulteriore motivazione a visitare il museo, nato nel 1987 nei giardini del castello Brown, ma ancora poco conosciuto, nonostante il livello della collezione , che ogni anno si arricchisce di opere firmate dai massimi nomi della scultura moderna e contemporanea. Da Man Ray a Fontana e Depero, da Beuys a Guttuso, da Arman e Vautier a Spoerri e Rotella, fino ai più recenti Cracking Art Group  con i suricati rosa e le rane, e Stefano Bombardieri con l’enorme rinoceronte imbragato. 
Info: www.museodiportofino.it (in basso l'ingresso del Museo).




giovedì 26 settembre 2019

SOTTO LA SUPERFICIE MOLTO


 L'artista all'opera
Stalattite
Nell’arte, soprattutto contemporanea, è sempre discutibile e discusso se l’opera di un artista vada considerata  per l’emozione o la non emozione                

che dà o se invece è importante essere informati su cosa c’è dietro. Qual era l’intenzione di chi l’ha creata, cosa voleva significare.  Certo per opere come quelle di Giovanna Lysy, sicuramente una cornice può aggiungere o dire qualcosa di più, specie se sono quasi dei site specific, progettati per un luogo particolare,  come la tenuta di famiglia in Toscana, di fronte al monte Amiata. Si tratta di grandi installazioni in ferro, vetro, resina, cristalli, rocce, minerali, fossili, che lei stessa assembla, taglia, fonde, seziona. Raccontano il mondo, il tema della sopravvivenza, la paura dell’imminente catastrofe, dei cambiamenti climatici, ma anche il sogno di libertà, l’accoglienza di ciò che non è perfetto, l’energia che può dare la natura. C’è un enorme pannello di resina con delle protuberanze inquietanti, si chiama Vela. Accanto una corda che potrebbe essere la cima di una barca, una strana piattaforma rovesciata e un divano, dove seduti si può, forse, immaginare di viaggiare trasportati dal vento. C’è il Diamante imperfetto, sempre in resina, con una parte più scura: l’imperfezione che si deve e si vuole accettare. Perché il mondo non è perfetto. E poi c’è una strana costruzione con un elemento metallico e intorno dei sassi bianchi: è La passeggiata del gigante.  Le opere, sono tutte illuminate dal basso, da sotto la superficie terrestre. Sono istallazioni che si guardano con piacere dai titoli tra l’ironico, il filosofico, il sociale. Dietro c’è molto da dire e forse qualcuno vorrebbe saperne di più. E ora può, perché sono il soggetto di  Shine, sotto la superficie il  primo  catalogo multimediale immersivo di Icons Production. Presentato oggi al Salotto di Milano  è un divulgatore culturale di arte, moda, costume, design, fondato e diretto da Federica Borghi. I cataloghi sono fruibili come un sito web tridimensionale  da computer, smartphone, tablet e non richiedono un visore. Nel caso di Shine non solo si possono vedere le opere immerse nel parco di Lysy in Toscana, ma si può vedere l’artista al lavoro, sapere di ogni opera la storia,  sentire  i  commenti dei vari componenti della famiglia che, in qualche modo, hanno collaborato al progetto. 

lunedì 23 settembre 2019

FINE SETTIMANA




Ultimo giorno di Fashion week milanese, due le sfilate in calendario, entrambe nella Sala delle Cariatidi. Apre Ultrachic, brand creato da Viola Baragiola e Diego Dossola, che si riconferma divertente, non convenzionale, con molti spunti(foto a destra). Svariati i riferimenti agli anni 90, nelle giacche a quadri ben strutturate e nell’uso del gessato, e agli anni 70, nei pantaloni a zampa, nelle maniche a sbuffo, negli abiti a palloncino e nelle stampe a fiori. Non sono le uniche. In alternativa le locandine  turistiche anni    50 su abiti lunghi o sui bordi delle gonne o ancora le stampe con galassie, astronavi, ma anche vecchie auto e frigoriferi, con un richiamo al problema dello smaltimento dei rifiuti. Ai piedi mules bicolori con alto tacco squadrato e grande fibbia. Alexandra Moura, stilista portoghese, s’ispira al mare, non allo stile marinaro, ma agli abiti di chi sul mare lavora, cioè i pescatori. Ecco per lei e per lui salopette oversize e giacche pluritascate. Tessuti quadrettati bianchi e neri o  grezzi con inserti geometrici  per  completi camicia-pantaloni di lui, e camicia-gonna pantaloni per lei. Le borse sono secchielli che ricordano i cesti per il pesce. Decisamente femminili i trench e gli abiti trasparenti con flash d’oro. Chiusi ieri i saloni White e Super con ottimi risultati. Da White sempre in primo piano la sostenibilità, protagonista Matteo Ward (nella foto a destra) co-fondatore del marchio Wrad e direttore artistico dell’Hub Give a Fokus che ha realizzato con il team artistico di Draw Light un’installazione sulla importanza della tracciabilità della filiera. Goose Tech propone piumini in poliuretano antimacchia in cui il colore è dato dalle piume all’interno colorate artificialmente, con garanzia di non maltrattamenti sugli animali. Molti stranieri al Super, a cominciare dagli Armeni che si sbizzarriscono tra gioielli punk gothic o unisex in oro e legno,   giubbotti personalizzati con foto, maglie con trompe-l’oeil, pizzi  minimalisti. Helena Bajaj Larsen, indiana basata a Parigi, propone avvolgenti e seducenti abiti. Liudmila Footwear porta dal Kuwait stivaletti vittoriani rivisitati in chiave cartoons. Tra gli italiani non sfuggono le proposte da mare di Isole & Vulcani boutique-brand di Filicudi, (Eolie) che ogni due anni invita un artista a realizzare un murales (foto in basso)di fronte al negozio di Pecorini Mare e a creare una capsule collection sul tema.

domenica 22 settembre 2019

SORPRESE E TRADIZIONI




Tradizione e nuove tecnologie è un binomio di cui si parla spesso, anche troppo e non sempre a ragion veduta. Il caso del Suzhou Art & Design Technology Institute, invece, rappresenta il migliore esempio del concetto. E’ stato raccontato oggi a Milano in piena Fashion week, con una mostra, una conferenza e una sfilata. Tutto parte dalla città cinese di Suzhou, attraversata da canali con 350 ponti di pietra. Qui duemila anni fa è nata la produzione di seta, ma soprattutto sono nati i ricami, noti in tutto il mondo, che formano disegni così straordinari da avere difficoltà a distinguerli da una foto (v.foto a destra). Nel 1922 il Governo Locale per mantenere vive queste lavorazioni creò l’ Accademia di Belle Arti, diventata nel 1999 un Centro universitario che ora conta 25 facoltà e 5mila studenti. Qui non solo si recupera l’artigianato ma si guarda alla tecnologia e al design. “Vogliamo raccontare la cultura cinese in un linguaggio contemporaneo” spiega Ji Ping Sheng, direttore artistico e coordinatore dei docenti, che a Milano ha portato sette                               studentesse con le loro creazioni. “E’ importante mostrare anche la coralità del lavoro” prosegue Francesco Fiordelli, referente per l’Italia del Governo cinese. Per dare spazio ai giovani, dato che la Cina è invasa dai monomarca, quasi in controtendenza, bisogna creare dei multimarca, per questo è necessario insegnare il lavoro del buyer, che deve scegliere da varie proposte secondo lo stile del suo negozio.  Questo sostiene Flaminio Soncini, presidente e fondatore della Camera dei buyer italiana nel 2000, pronto a dare inizio a una collaborazione in questo senso. Un altro Paese anzi un continente, l’Africa, è al centro della collezione Eleventy. In primo piano quindi colori e stampe ma, non prevedibilmente, interpretati per un vestire urbano fatto di abiti in seta stampata, di tailleur in fresco di lana, di giacche in lino o piqué nido d’api,di bluse in seta elasticizzata. Tutto all’insegna della leggerezza, ideale per la donna che viaggia (foto a destra). Alanui sceglie le sale della Casa degli Atellani per far sfilare capi divertenti e gioiosi, dove il riferimento a piscine e situazioni estive è continuo: dalle stampe ai filati leggeri uniti alla seta giapponese, dai fluidi pigiami ai kimoni  spruzzati di piume, agli abiti di rete, tendenza del momento, ai camouflage riveduti, perfino ai sandali con alta zeppa (foto a sinistra). Ipertecnologica la collezione di Semir x Dumpty, brand cinese presentato da White. E’ disegnata da tre stilisti, formati alla Saint Martin’s School of Art di Londra, che escono in passerella con maschera sul viso.

sabato 21 settembre 2019

RITORNI AL FUTURO



Si parla, almeno i giornali scrivono, di una moda più pacata, meno sull’effetto facile e più propensa a durare nel tempo.  Una tendenza a creare evergreen e quindi attenzione alla scelta dei materiali, lavorazioni accurate, che significa insistere sulla specializzazione e guardare gli archivi. Così Saldarini Cashmere Flakes, inventore dell’imbottitura etica, propone la prima collezione stagionale, una capsule di dieci pezzi in cui rivede, alleggerendoli, quelli dell’inverno. Ecco la cappa senza maniche double face, il trench a cui sovrapporre un corto gilé trapuntato, il giubbotto in nylon dall’apparenza di seta. L’imbottitura è sempre il vello delle capre della Mongolia, ma tosate dolcemente, quindi animalista ed ecocompatibile. Da Cividini il tessuto diventa una tela su cui dipingere con l’aerografo. L’ispirazione è il colore, non acceso e gridato, ma sfumato come i ricordi, influenzati, nel suo caso, dal film cult Il tè nel deserto. Ci sono le sovrapposizioni di camicie, i lunghi gilé con coulisse in vita, gli chemisier, l’abito in seta bicolore un po’ a trapezio, le maglie con righe stinte e poi ritinte di nuovo. Missoni  sceglie come passerella gli scenografici Bagni Misteriosi all’ombra del Teatro Parenti e come tema la leggerezza, tendenza diffusa in questa fashion week. Non è solo negli abiti fatti di frange, o in quelli con piccoli fiocchi effetto piume o nei lunghi con giochi di veli a righe e rombi o in quelli a rete da sovrapporre al costume intero. E’ nei tailleur pantaloni dal taglio maschile in tessuto a fiori o illuminati di paillettes in technicolor. Da Valextra la borsa diventa un’architettura. Con l’elemento centrale metallico a forma di flûte a cui si lega la tracolla con due magneti, per mantenere una forma a ricciolo.  In una varietà di colori insolita e piacevole. Da Jimmy Choo il direttore creativo Sandra Choi dice di essersi ispirata alla natura e ai paesaggi selvaggi. Non così chiaro il legame, ma intrigante l’avere messo insieme due punti forti del marchio, l’animalier, zebrato e maculato, e i cristalli. Dettagli sfiziosi, come, nel sandalo, la base del tacco fluorescente. I fiori, variamente interpretati, sono il fil rouge da Zanotti. C’è il lilium di pelle su sandali tacco dieci ma anche su ciabattine flat. Ci sono le roselline in suède che vivacizzano pezzi classici e non, e ci sono le calle e le camelie in cristallo che sbocciano sul sandalo nudo. Molte le borse: dai piccoli secchielli in pitone a quelli più grandi, in colori attraenti, alla pochette in seta animalier come il sandalo. Rodo, as usual, fruga negli archivi e prende una chiusura speciale. Sulla classica Paris bag inserisce un quadrato di ABS specchiato, allunga la Paris bag in pelle abbinata a midollino. Per la sera ecco la pochette con volant, la Paris bag minuscola in raso con cristalli e la Bino bag che richiama le custodie per binocoli. Bally ricostruisce una casa dove in ogni stanza c’è un’idea di relax e un dettaglio rivolto alla natura. Un’attenzione alla sostenibilità che non si ferma all’estetica. Tutto il legno usato per la ricostruzione verrà, infatti, riciclato e riutilizzato. Abitanti della casa modelli e modelle con capispalla in pelle ricchi di intrecci e plissettature, e svariate  borse e zaini.