sabato 28 agosto 2021

ANGELA A SANTA

Come raccontare in poche parole e senza ombra di autoreferenziale la storia della moda italiana. Si potrebbe definire così l’intervento  di Angela Missoni di ieri sera a S.Margherita Ligure.  Fa parte degli incontri, spettacoli e tavole rotonde con donne eccellenti,  a corollario del G20, vertice dei ministri sul tema dell’emancipazione femminile. Con lei sul palcoscenico Arturo Artom, presidente e fondatore del Cenacolo Artom, format televisivo  con personaggi di svariati settori. La stilista e imprenditrice ha tracciato la storia del marchio dando risalto alle figure dei genitori, Ottavio e Rosita, mettendone in rilievo soprattutto la grande intesa. Con simpatia, affetto vero, senza mielose nostalgie ma con il fil rouge di un humour sempre presente. Emblematica la frase riportata del padre: “Io sono il creatore, ma Rosita ha creato me”. 


Divertenti i ricordi dei coinvolgimenti da piccoli in azienda di lei e dei due fratelli. O ancora l’idea del padre di presentare la collezione nella sede di Sumirago. E poi l’entusiasmo della sua prima collezione.  Attraverso la storia di una famiglia è emersa la storia del prêt-à-porter italiano. Sono stati i Missoni, infatti, con Krizia  che hanno  portato le sfilate da Firenze  a  Milano, facendola diventare capitale della moda.  Interessante il racconto dei cambiamenti e di come si sia evoluto il settore, di come le settimane della moda siano diventate un evento di  comunicazione, più che di vendita, delle capsule collection, fino a parlare dell’ingresso nel capitale Missoni del Fondo strategico Italiano,  conservando per la famiglia il controllo del 58 per cento. Pubblico attentissimo, applausi a scena aperta, se così si può dire, e finale con consegna della targa ricordo del G20 del sindaco Paolo Donadoni.  Ha fatto seguito un concerto di jazz. Tutto si è svolto all’aperto, all’Anfiteatro Bindi dove questa sera è atteso, in pieno revival Sessanta, Michele Maisano, in arte Michele, accompagnato dal chitarrista  Fabrizio Felci, con i suoi pezziforti  da Se mi vuoi lasciare a Dite a Laura che l’amo

domenica 22 agosto 2021

BEATLES DAVVERO PER SEMPRE

Solo duecento posti a sedere, ma gli spettatori erano molto di più: assiepati lungo la ringhiera della discesa a chiocciola, affacciati dalle finestre delle case di otto piani, nei caruggi che portano al mare.  E’ successo ieri sera a Camogli per la decima edizione del Beatlesday. Evento che dopo l’interruzione dello scorso anno ha ripreso nel massimo fulgore con il bravissimo gruppo Magical Mistery Orchestra. Ad aprire la serata, per la prima volta nella piazza dove un tempo c’era il mercato coperto del pesce, un video con flash degli anni precedenti e la premiazione del concorso letterario Note raccontate, che punta sul rapporto tra narrativa e musica. Quest’anno il riferimento è stato Let it be, successo dei quattro ragazzi di Liverpool ma, soprattutto, un invito ad affrontare la vita, prezioso in questo periodo. A ricordare il mito dei Beatles sul palcoscenico non una band di quattro elementi ma ben dodici musicisti: quattro chitarristi-vocalist, tre fiati, un percussionista e quattro archi, due violini, una viola, un violoncello, magistralmente suonati da quattro belle signore in tuta optical. 



Qualche cenno di spiegazione per ripercorrere l’ascesa dei Beatles e poi tutti i pezzi più famosi compresi i brani meno orecchiabili con sitar, nati dall’innamoramento indiano di George Harrison. Sullo schermo-sfondo i video  con i momenti più clou, divertenti, emblematici degli scarafaggi più famosi dell’ultimo secolo. Pubblico, in predominanza over fifty almeno quello seduto, assolutamente coinvolto e in sintonia, anche senza invito degli artisti. Niente balli tra il pubblico ma braccia alzate, battimani, movimenti di spalle in crescendo. Che hanno trovato il momento magico con l’indimenticabile Twist and Shout. Commozione ed empatia massima, ma non scontata, per Imagine Yesterday, in un’interpretazione ad altissimo livello.


venerdì 20 agosto 2021

FILM A FILO D'ACQUA

Si può stare seduti su una piattaforma galleggiante, rispettando le distanze, oppure su imbarcazioni, a motore o a remi, sulle quali si è arrivati.  Lo schermo ha una posizione fissa nella laguna di Venezia, si trova nella secca retrostante l’isola della Giudecca, all’altezza del Rio Sant’Eufemia. Inizia oggi Cinema Galleggiante, e termina il 4 settembre, ma non ha nulla a che fare con la Mostra del Cinema che si inaugura il 1° settembre.  Alla sua seconda edizione, la rassegna è presentata da Microclima in collaborazione con Ocean Space. Come annuncia il sottotitolo Acque Sconosciute vuole sviluppare attività culturali e di aggregazione partendo dal rapporto uomo e ambiente, per questo la scelta di Venezia. Tema di quest’anno il viaggio, inteso come esplorazione di terre e abissi, ma anche come mezzo di relazione tra culture diverse. L’acqua in questo caso è vista  come elemento in grado di creare nuove vie di accesso e comunicazione. 




Vari e internazionali i partner della manifestazione tra cui la Fondazione In Between Art Film con sette video in cui il viaggio è affrontato da prospettive diverse. Da New Palermo Felicissima del catalano Jordi Colomer, il 1° settembre, che racconta il viaggio di un peschereccio ibrido lungo la periferia del capoluogo siciliano a Winter Came Early del greco Janis Rafa, il 4 settembre, sulla musica e la caducità della vita. Passando per Pre-image di Hiwa K, in cui l’artista curdo rievoca la sua fuga da bambino dal Kurdistan iracheno. O ancora Resto dei Masbedo, i due artisti italiani che hanno viaggiato su una barca con un grande schermo a prua, o Interregnum dell’albanese Adrian Paci sul dolore e lutto collettivo con il montaggio dei funerali di dittatori comunisti di diverse epoche e nazionalità. In programma anche film storici come Il Signor Rossi a Venezia  di Bruno Bozzetto (1974), L’Armata Brancaleone di Mario Monicelli (1966), o documentari cult come Les Glaneurs et la glaneuse (La vita è un raccolto) di Agnès Varda del 2000. Per chi arriva a piedi, la fermata del vaporetto è Giudecca Palanca.  E’ necessaria la prenotazione: www.cinemagalleggiante.it

mercoledì 11 agosto 2021

LUCI DELLA RIVALTA


Impossibile non notarla a destra sulla Milano-Serravalle, poco prima dell’uscita per Tortona. Da lontano è una via di mezzo tra un castello con le sue mura, una cascina, un borgo medioevale. S’intravvede una torre, forse un campanile. E’ l’Abbazia Cistercense di Santa Maria di Rivalta Scrivia, costruita fra il 1180 e il 1250. Per arrivarci si esce dall’autostrada a Tortona. Qualche chilometro sulla statale e, poco prima del paese di Rivalta, una quasi invisibile targa segnala l’abbazia seguendo un viale di platani sulla sinistra.  Dopo qualche minuto ci si imbatte in un grande cancello, con un cartello che invita a procedere lentamente. La prima visione è la chiesa di Santa Maria con tutte le caratteristiche della chiesa romanica nella muratura di laterizi.



 Ha subito  vari interventi, i più importanti dei quali nel XVII secolo, mentre il campanile quadrato risale al XVI secolo. Una tenda svolazzante dà l’illusione di poterci entrare, in realtà nasconde il classico portone di legno invalicabile. La chiesa è aperta e visitabile  tutte le domeniche e giorni festivi, da marzo a novembre  dalle 15 alle 18.  Oppure durante funzioni particolari. Una è prevista per domenica 15 agosto, alle 11, per la messa in Solennità dell’Assunta, un’altra il giorno dopo, sempre alle 11. La visita dell’interno vale senz’altro la pena. Costruita seguendo fedelmente i dettami dell’architettura cistercense, la chiesa ha pianta a croce latina, con tre navate di cui le due laterali coperte da volte a crociera. Ci sono due altari barocchi in mattone e quattro in legno dorato del 1800 e affreschi notevoli. Del monastero collegato sopravvive solo la Sala capitolare. Molto interessante all’esterno il palazzo con arcate fatto costruire nel 1600 da un genovese che utilizzò parte del monastero. Ora è ancora abitato, con giardini ben tenuti e piscine per bambini. Fatiscente e affascinante quel che resta delle stalle (foto al centro)affacciato su un grande cortile dove, dietro a una rete, 
eleganti pavoni si muovono e volano tra comuni galline.