martedì 29 marzo 2022

FANTAREALISMO

Anche se non ha senso volere inquadrare un romanzo in un genere preciso, con L’occhio del Pettirosso di Giuliana Altamura (Mondadori) si è spinti farlo, diventa un gioco di cui non si può fare a meno. C’è del giallo, ma anche dell’intimistico-psicologico, c’è la filosofia e la fisica, il futuro e la fantascienza, che è diventata realtà. Tutto parte dalla passione dell’autrice per la fisica quantistica.  



“Mi piacciono i suoi risvolti filosofici, la visione letteraria nell’ esplorazione della contemporaneità” spiega Altamura che ha una formazione e studi alle spalle tutt’altro che scientifici. Diplomata in violino, è specializzata in filologia moderna con un dottorato di ricerca in storia del teatro.  Il romanzo racconta di Errico, un fisico del CERN impegnato nella progettazione di un computer quantistico, attraverso il quale inconsciamente vuole avere un maggiore controllo sulla realtà, o meglio sul dolore per un drammatico episodio della sua infanzia. L’autrice, per quanto il romanzo sia scritto in prima persona a differenza dei due precedenti, non s’immedesima nel personaggio, ma ne rappresenta il maschile che è in lei. Come Greta, la moglie di Errico, più attenta alle emozioni e al suo corpo, interpreta il suo femminile. Nella vicenda s’inserisce a sorpresa il fantarealismo del bitcoin. “Quando ho cominciato a scrivere il libro nel 2017 non era ancora esploso il fenomeno, spiega Altamura, mi incuriosiva e così sono entrata in un forum, dove a differenza di me erano tutti preparatissimi in materia. Mi sono lasciata sorprendere,  anche dal linguaggio usato, proprio come succede nella fisica e nell’alchimia”. Anche il titolo è coerente con lo stile del romanzo. Un’apparenza di fantascienza per un realismo scientifico. Nell’occhio del pettirosso, come in altre specie migratorie, infatti, c’è una bussola quantistica, cioè una molecola che segnala la direzione dove emigrare. E questa caratteristica la condivide con Jinrou, la donna cinese, personaggio secondario, ma in realtà decisivo per il finale. 


sabato 26 marzo 2022

FESTE IN FAMILIE

Nel nuovo spettacolo Feste dei Familie Flöz, in prima milanese al Teatro Menotti, il poetico questa volta prevale sul comico. Nel senso che si ride, ma con più pause riflessive. Questo non significa che manchi di brio, vivacità e non lasci entusiasta il pubblico. C’è chi ha parlato di "poetico equilibrio fra tragedia e comicità". In realtà è più che una storia, è una favola che coinvolge, emoziona, sempre continuando a sorprendere e a far sorridere.


Anche in Feste come in Teatro Delusio, altro famoso spettacolo del gruppo berlinese, c’è un dietro le quinte, non di un teatro ma della società. Da una parte una villa sul mare che s’immagina sontuosa, dall’altra, che è quella del palcoscenico, il suo fatiscente retro con la portineria e il portinaio, la donna delle pulizie, i sacchi neri della spazzatura, i fornitori . Dove ogni tanto arriva qualcuno dallo splendido mondo, di cui si avvertono solo suoni e rumori. Sono i camerieri, lo sposo ubriaco con gli amici, una prepotente signora in rosso, forse l’organizzatrice e un isterico e ridicolo wedding planner. La sposa è l’unico punto di unione tra i due mondi. Si lascia coccolare e confortare dalla donna delle pulizie ed è la sola tra i poveri che prende a cuore la storia della ragazza incinta, nascosta fra la spazzatura. Che creerà il finale. 
Straordinarie le luci, che fanno cambiare il cielo dello sfondo e lasciano immaginare la vita folle dietro le finestre. Come altrettanto ben studiati i suoni che vanno dal rumore del mare alle risa degli invitati, alle musiche, dalle più scatenate, che fanno intuire danze sfrenate, ai walzer di rito. Fino al delizioso finale con le melodie dei bicchieri. Molti e voluti gli stereotipi delle classi sociali a confronto. Ma senza nessuna pretesa di denuncia o condanna. Dove il quotidiano più squallido si mescola, ma non si contrappone, al surreale fiabesco come la pianta trascurata con le foglie cadenti che fiorisce improvvisamente al tocco  magico della ragazza homeless. In scena a rappresentare questa variegata umanità sempre solo i tre attori-mimi Andres Angulo, Johannes Stubenvoll, Thomas Ourwerkerk  con le  maschere espressive di Hajo Schüler. Tutti autori come il regista Michael Vogel e il co-regista Björn Leese. Feste è al Menotti Teatro Filippo Perego fino al 3 aprile. 

venerdì 25 marzo 2022

RAPSODIA IN BLU...E ORO

L’oro e il blu sono presenti spesso, anche accostati, nella pittura antica e classica. Basta pensare alle Madonne e alle immagini sacre. Invece nell’arte del Novecento e contemporanea non sono colori così frequenti. Con le dovute eccezioni.  Vedi il blu, per Yves Klein, che addirittura ha dato il nome a un certo blu, e che lui definisce il colore fuori, perché fuori dal tempo, colore del vuoto.



Molto interessante quindi, per l'inedito punto di vista, la mostra Oro & Blu inaugurata ieri alla Nuova Galleria Morone di Milano. Curata da Vittoria Coen, raccoglie, e in un certo modo mette a confronto, 21 opere di artisti dalle avanguardie del Novecento a oggi. Sono sculture, dipinti, installazioni, fotografie realizzati con materiali e tecniche diverse. Molti i pezzi inaspettati. Se di Klein un’opera blu non sorprende, non ci s’immagina però che sia un multiplo in pigmento e resina sintetica a forma di mappamondo, dal titolo La terre bleue. Da Lucio Fontana ci si aspetta un Concetto spaziale, ma stupisce che sia un olio su tela blu. Non così visto neanche il Piccolo cavallo di Marino Marini del 1973, completamente in oro. E’ realistico il blu del cielo nella foto Aci Trezza di Olivo Barbieri, che diventa un’immagine onirica per gli scogli neri. Surreale, non poteva essere diverso, il blu del Pain peint di Man Ray, baguette in bronzo dipinta. E’ blu il filo che lega le pagine del libro in tessuto, Ciò che non so, di Maria Lai. Un’esplosione d’oro su un vecchio portone chiuso di legno scuro è La luce dopo il buio, opera del 2022 di Maria Cristina Carlini(in basso). Non si sa se quell’oro è parte della luce che si troverà aprendo il portone o è quel poco di luce uscita, chiudendolo. L’artista non lo dice, ma lascia all’osservatore di decidere, come sempre nelle sue installazioni, dove mistero, ricordi e futuro si mescolano al quotidiano. La mostra chiude il 13 maggio.  
 

mercoledì 23 marzo 2022

FAMILIE ALLARGATA

Che il teatro di Familie Flöz sia davvero straordinario lo  testimoniano le critiche e il travolgente successo avuto nei 34 Paesi dove la compagnia berlinese si è esibita. Ma su quanto siano divertenti e trascinanti i loro spettacoli, la prova migliore è la reazione del pubblico. Non tanto gli applausi, quanto i commenti all’uscita. Come si sono sentiti ieri al Menotti Teatro Filippo Perego di Milano, dove moltissimi dicevano che sarebbero tornati venerdì, per l’altro spettacolo in programma, Feste, in prima milanese. A differenza di Teatro Delusio, che anche se con modifiche e varianti, è già stato sul palcoscenico del Menotti.


Tutto si svolge dietro le quinte di un teatro. I protagonisti sono tre aiutanti, lontani dal mondo sfavillante del palcoscenico, eppure così fisicamente vicini. C’è il sognatore che approfitta di qualsiasi momento libro per leggere e tiene in un baule un animaletto che accarezza con affetto. C’è un capetto con un grande pancione soddisfatto del suo ridicolo ruolo di comando e un terzo, un piccolo arrivista che vuol fare il furbo. I loro volti sono delle maschere, peraltro straordinarie, realizzate da Hajo Schüler. Pur essendo ferme e grottesche comunicano molto di più di qualsiasi volto espressivo. Ma oltre ai tre, fanno passaggi veloci gli artisti, dalle ballerine in tutù al direttore d’orchestra, dalla cantante in lungo al vecchio violinista che si perde continuamente, alla ballerina non più giovane di cui si innamora l’aiutante sognatore. Il ritmo è incalzante, velocissimo con un mix perfetto dell’atmosfera realistica del dietro le quinte e un mondo di sogni e fantasia. Difficilissimo da descrivere, dove non si riesce a capire come in un attimo un personaggio possa diventare un altro, totalmente diverso. Come si possano avere momenti in cui sulla scena sembrano esserci più di tre attori e invece sono sempre solo loro tre, Andrès Angulo, Johannes Stubenvoll e Thomas van Ouwerkerk . Gli ultimi due tra gli autori, insieme a Michael Vogel che ha curato la regia. Con acrobazie, balli, movimenti da mimi, travestimenti e cambi d’abito rapidissimi, riescono a interpretare ben 29 ruoli. Ci si chiede cosa contenga il baule oltre all’animaletto, quale passaggio ci sia dietro una certa porta, come sia possibile, se in scena ci sono già due attori, quella corsa di ballerine verso il palcoscenico.  E soprattutto ci si domanda come riescano a raccontare così bene una storia con i visi nascosti dalle maschere e senza mai pronunciare una parola. Geniale il finale dove si sentono gli applausi e si vede le schiene degli artisti che ringraziano con l’inchino. Prima di cambiarsi in pochi secondi e riapparire in abiti normali davanti al vero pubblico. Teatro Delusio è al Menotti fino al 24 marzo. Familie Flöz ritorna con Feste dal 25 marzo al 3 aprile.


martedì 22 marzo 2022

SOGNARE PER CREDERE

Una buona notizia fa sempre piacere, soprattutto in questo momento, dove si ha la sensazione che solo la cattiva notizia "faccia notizia". Nel caso poi di Facile sognare c’è molto di più di una buona notizia. Il nome non è di fantasia e descrive bene la finalità dell’iniziativa. Tanto più che riguarda i bambini, che devono poter sognare. E’ per loro, o almeno per quelli meno fortunati tra loro, che è nato il progetto. 


Artefici, da una parte Facile Ristrutturare, azienda fondata da Giovanni Amato e Loris Cherubini, che interpreta la ristrutturazione in una chiave di interior design contemporanea e contemporanea. Dall’altra Every Child is my child, Onlus presieduta dall’attrice e autrice Anna Foglietta, che coinvolge artisti e personaggi pubblici, da anni impegnata ad aiutare i minori in difficoltà o allontanati dalle famiglie.


Insieme stanno lavorando a creare spazi per questi bambini, più gradevoli e a loro misura. Appunto per farli sognare, come è nei loro diritti. La prima tappa è Milano, dove è stato presentato questa mattina il progetto, in una conferenza moderata da Paola Marella. I lavori inizieranno ad aprile e termineranno a luglio. A Roma sono in programma tra maggio e settembre e a Napoli tra giugno e novembre. Lo spazio milanese è quello di ControVento, impresa sociale attiva da 120 anni, molto radicata nel territorio di cui è direttore generale Sonia Oppici. Da ristrutturare circa 150 metri quadri su due piani, dove si prevede cucina, servizi, un archivio, gli uffici e ampie zone living per gli incontri con i genitori, gli avvocati, gli assistenti sociali.  Non solo i locali saranno ristrutturati tenendo conto di tutti i più attuali materiali, ma saranno studiati in modo che i piccoli possano sentirsi come in una casa accogliente. Nello showroom di Facile ristrutturare è previsto uno workshop con i bimbi ospiti di ControVento e l’architetto Alberto Vanin, che cura la ristrutturazione, per scegliere insieme colori, arredi, rivestimenti. Sempre con la finalità di far star bene i bambini e dare una precisa identità allo spazio, è stato affidato all’artista Elena Salmistraro l’incarico di creare un grande murale di oltre 5 metri di lunghezza e 4 di altezza. Perché, come ha detto Foglietta “se educhiamo i ragazzi alla bellezza, sarà più bello il mondo”.  


giovedì 17 marzo 2022

L'ALTRA FACCIA DEL SOGNO

Il teatro comico, come il teatro dei burattini, si pongono l’obiettivo di far ridere in maniera semplice, il primo anche con un minimo di critica sociale, ma senza satira, e comunque sempre senza pretese. 
Sembra che ne sia tornata la voglia in questo periodo.

Ne è un esempio La molto tragica storia di Piramo e Tisbe che muoiono per amore al Teatro della Cooperativa di Milano.  Che tra l’altro essendo, anche se liberamente, tratto dalla scena dei comici dello shakespeariano Sogno di una notte di mezza estate, ci ricorda che l’origine di questo genere di teatro risale a molto tempo fa.  Far ridere in questo momento storico potrebbe sembrare fuori posto, ha commentato prima dell’apertura del sipario Renato Sarti, che ha adattato il testo dello spettacolo e ne ha curato la regia. Ma è anche vero che crea una forma di solidarietà, lancia comunque un messaggio di pace. Com’ è ribadito alla fine, durante gli applausi e i saluti, dalla comparsa della bandiera a più colori. Sul palcoscenico, invece della sgangherata compagnia teatrale amatoriale fatta di artigiani del Bardo, c’è sempre una sgangherata compagnia teatrale, ma improvvisata dall’impresa di pulizia La Scopata, tutta al femminile, più il loro datore di lavoro, interpretato dall’ivoriano Rufin Doh Zeyenoulin, guarda caso leghista. Come giocate sulla facile contraddizione sono le cinque donne, la coordinatrice pugliese, un’esuberante emiliana scelta per interpretare Piramo, una cubana sempre pronta alla rivoluzione, una milanese imbevuta di filosofie alternative e misticismo orientale e la russa Sborona che vorrebbe danzare, ma deve accontentarsi di struggersi per amore nel personaggio di Tisbe. Le musiche sono di Carlo Boccadoro con intromissioni di canzoni originali, ma rivedute nelle parole, di Cochi Ponzoni e Flavio Pirini. Lo spettacolo, che fa parte della rassegna Controventi per festeggiare i vent’anni del Teatro della Cooperativa, è in scena fino al 20 marzo.


venerdì 11 marzo 2022

UNA STORIA A SCATTI

Una retrospettiva davvero unica quella del fotografo James Barnor a Palazzo Reali, la palazzina che fa parte del Museo della Svizzera italiana (MASI) di Lugano. Più di duecento immagini, di cui varie inedite, che non presentano solo l’intensa attività dell’artista, ma sono una testimonianza preziosa e illuminante di oltre mezzo secolo di storia e di storia della fotografia in particolare. 



Come anticipa il sottotitolo, Accra/London-A Retrospective, con le sue immagini Barnon descrive la vita ad Accra, in Ghana, dove è nato nel 1929, e a Londra dove si è trasferito nel 1959 e vive stabilmente dal 1994. Dalla fondazione dello studio fotografico ad Accra, chiamato Ever young e diventato un centro d’incontro per persone di tutte le età, alle foto per strada. Dalle immagini dei mercati, delle barche nel porto o di feste popolari e vita di tutti i giorni fino ai grandi eventi, come la proclamazione dell’indipendenza nel Ghana con la visita della duchessa di Kent. E poi Londra dove Barnor segue le comunità africane della Swinging London, i concerti, gli incontri di boxe. Le sue foto raccontano la storia della fotografia, con gli inizi della fotografia di moda, di cui è stato un precursore. Molti gli scatti per la rivista sud africana Drum,  considerata quasi un manifesto anti-apartheid. Qui in copertina compaiono le prime modelle di colore. Non sono quasi mai foto posate o ferme, ma il soggetto è sempre in movimento in una cornice vera, non costruita, né in studio. Così la ragazza in miniabito 
stampato che tiene in mano un piccione in Trafalgar Square. O quella in un sofisticato tailleur pantalone seduta in una decappottabile (v.foto). Barnon rivela una concezione nuova anche nel ritratto, ne è un esempio significativo la foto di Mike Eghan, primo conduttore nero della BBC, a braccia aperte alla fontana di Piccadilly Circus (v.foto). O Muhammad Alì, in smoking, circondato dai suoi fans. Varie le foto di pubblicità, tra cui quelle a colori per l’Agfa e in bianco e nero per il calendario 1974 dell’AGIP, la compagnia petrolifera italiana. Molto interessante il video del fotografo e filmaker inglese Campbell Addy, nel quale  Barnor spiega la sua tecnica fotografica e il suo lavoro, spesso entrando nel dettaglio di come ha scattato una certa foto. James Barnor Accra/Londra - A Retrospective, organizzata dalle Serpentine Galleries di Londra dove è stata da maggio a ottobre 2021, è curata da Lizzie Carey-Thomas ed è al MASI, dal 13 marzo al 31 luglio. Per proseguire nella primavera del 2023 negli Usa, al Detroit Institute of Arts. 


 

giovedì 10 marzo 2022

CRONACHE DI UNA DIASPORA

Come un buon lavoro teatrale intrattiene e coinvolge e come un buon servizio giornalistico informa. E’ Fuga dall’Egitto, spettacolo di teatro-documentario in scena al Menotti Teatro Filippo Perego di Milano.  Liberamente tratto dall’omonimo libro-inchiesta della giornalista Rai Azzurra Meringolo Scarfoglio, racconta la diaspora egiziana dopo il ritorno al potere dei militari nel 2013, attraverso le testimonianze di chi l’ha vissuta in prima persona.



Ideatori del progetto e registi, presenti sul palcoscenico, l’attrice Miriam Selima Fieno e Nicola Di Chio, che due anni fa hanno viaggiato per l’Europa e gli Stati Uniti per incontrare gli esuli: giornalisti, sindacalisti, artisti, medici, attivisti per i diritti umani. Chi è fuggito per evitare il carcere e sommari e ridicoli processi di massa, chi è scappato dopo lunghi periodi di prigionia o dopo aver subito torture fisiche e  mentali. A condurre la narrazione Miriam Selima Fieno che parla al pubblico mostrando materiale d’archivio, rapporti e video. Dove la si vede intervistare queste persone, abbracciarle, rivivere con loro le orribili esperienze passate. Un racconto intenso, ben equilibrato tra momenti drammatici e pause di riflessione. Dove non c’è mai il compiacimento del dolore o la ricerca dell’effettaccio. E proprio per questo riesce a far maggiormente partecipare il pubblico. Notevoli le musiche dal vivo della musicista e compositrice egiziana Yasmine El Baramawy, mix di suoni orientali e sperimentazioni elettroniche. 
Fuga dall’Egitto è in scena dal 18 al 20 marzo.

mercoledì 9 marzo 2022

ANGELA, ANGELA, ANGELO MIO

Difficile, anzi impossibile definire Angela Carrubba Pintaldi. Dire di lei artista eclettica spiega solo formalmente quel suo passare dalla scultura all’installazione, dalla pittura al gioiello. In realtà la sua è una creatività che si esplica in varie forme, alle volte inedite, alle volte più consuete. Lo si vede bene nella mostra Angela alla My Own Gallery del Superstudio Più a Milano. Con questa personale, che sarà poi a Napoli e a Palermo, Pintaldi segna il suo rientro artistico dopo una lunga pausa. 




Stupore e una sorta di fascinazione è quella che si prova di fronte alle sue opere, distribuite nei due piani della galleria. Ma si percepisce quasi all’istante un filo conduttore che potrebbe essere dato dai colori e dai continui riferimenti alla natura. Si coglie nelle gigantesche tre tele nella sala all’ingresso, che scendono dall’alto come cascate. Si individua nelle terre e nei pigmenti usati nei lavori pittorici, tutti battezzati con un nome tra l’onirico e il surreale. Come nelle pietre dei gioielli. Alle volte sono cristalli di roccia uniti fra loro da un filo metallico a formare una collana, alle volte sono pietre grezze che diventano enormi anelli o meteoriti che evocano un paesaggio lunare o pepite d’oro che hanno il sapore della terra da dove sono state estratte e diventano il ciondolo di uno stilizzato collier. A completare la mostra, o meglio a raccontare l’artista, le foto e l’introduzione poetica di Giovanni Gastel, il grande fotografo recentemente scomparso, suo grande amico. E il video Rinascita con la regia di Juan Diego Puerta Lòpez e le musiche di Nacho Sotomayor. La mostra, inaugurata ieri nel giorno della Festa della Donna, si chiude il 20 marzo.


lunedì 7 marzo 2022

OTTOMARZO

Sono molti e mirati gli eventi in programma per la festa della donna. Fa piacere, considerando che per vari anni prima della pandemia, l’8 marzo era diventata una ricorrenza con aspetti fastidiosi e consumistici, riconducibili spesso a cene ghettizzanti di donne vocianti.  Molte ora le mostre su temi importanti della condizione della donna e non solo. 




 

L’associazione Donne Fotografe Italiane, con Emergency nella sede milanese di via S.Croce, presenta Fear of beauty con i lavori di cinque fotografe afgane, dal 7 al 9 marzo. Nel cortile dell’Università di Macerata in collaborazione con l’Università propone, dal 9 al 18 marzo, Invisible: immagini sulla malattia, la solitudine, la marginalizzazione e la vulnerabilità femminile. Nella Rocca di Dozza, vicino a Bologna, sono esposte otto foto tematiche realizzate da Simonetta Ragazzini e donate al Municipio di Dezza, abbinate a frasi  incentrate sulle donne. Di Rita Levi Montalcini, Simone de Beauvoir, Monica Vitti, ma anche Sigmund Freud e Fabrizio Caramagna, uno dei più citati autori italiani di aforismi. Dalla fotografia alla pittura. Alla Galleria Borghese di Roma oltre l’ingresso gratuito per le donne, dalle 10 alle 14, visite di approfondimento condotte dalla direttrice Francesca Cappelletti e da uno storico dell’arte per scoprire il talento, poco noto ai più, di Lavinia Fontana, pittrice bolognese del tardo manierismo.  Alla Galleria Raffaella De Chirico Arte Contemporanea di Milano, da domani fino al 25 marzo, da vedere Prendi il mio cuore,  mostra dell’artista ungherese Andi Kacziba sulla violenza di genere e la gender gap di cui sono state vittime le donne con sculture, polaroid in cui l’artista offre i suoi organi e la performance metafora della donna zerbino con la sua immagine distesa all’ingresso (foto in alto).  Per il cinema, tra le varie proposte, il film Be my voice di Nahid Persson, regista iraniana naturalizzata svedese, che ripercorre la lotta contro l’apartheid di genere della giornalista e attivista iraniana in esilio Masih Alinejad (foto in basso).  Molte donne, in realtà una sola, nella mostra Angela, da domani al 20 marzo alla MyOwnGallery di Milano:  Angela Pintaldi si racconta attraverso opere pittoriche, foto di e con Giovanni Gastel, i  gioielli scultura e il più recente video di una sua performance. Anche la moda sta al passo. Nel negozio di Milano, Roberto De Wan organizza un’asta in sostegno dell’emergenza ucraina. Mentre Martino Midali ha creato la Peace art T-shirt, con scritte pop per un messaggio di pace. Per un tintinnio che dà gioia, secondo la tradizione balinese, il  bracciale in argento con chiama angeli di Roberto Giannotti, dedicato a tutte le donne.

venerdì 4 marzo 2022

DEI VERI BIJOUX

Chi non ama i bijoux o li considera un succedaneo, o addirittura un vorrei-ma-non-posso dei gioielli, si ricrede certamente di fronte a quelli di Ornella Bijoux, una delle Botteghe Storiche di Milano e dintorni, nel libro e progetto Galleria & Friends, di Elisabetta Invernici e Alberto Oliva.



Espressione di grande creatività, con un’esecuzione e delle lavorazioni accurate e in materiali scelti, questi bijoux hanno tutto per essere considerati piccole opere d’arte. Non aggiunge nulla dire che li hanno indossati Maria Callas e Grace di Monaco. Che sono stati esposti più volte a Palazzo Reale di Milano e al Victoria and Albert Museum di Londra. Che hanno incantato e continuano a incantare signore di tutto il mondo e sono presenti sui red carpet più importanti.  Dietro Ornella Bijoux una grande donna, un’icona della bigiotteria, Maria Vittoria Albani scomparsa nel 2019, dopo aver lavorato fino agli ultimi giorni. Per MuseoCity, manifestazione dal 4 al 6 marzo a Milano, Brescia e Bergamo, per riscoprire i patrimoni artistici di queste città, si sono  aperte le porte del suo straordinario laboratorio, dove la figlia Simona Scala(nella foto in basso con la figlia) continua l’attività. Ed è un piacere osservare non solo i tanti modelli in preparazione o quelli già realizzati, ma anche gli scaffali e le cassettiere dove ogni cassetto è contrassegnato con un elemento che può essere una pietra colorata o una perla, a indicare cosa c’è all’interno.  Interessanti anche i blocchi con disegni, appunti, indicazioni per i laboratori. Non ci sono schizzi, perché Maria Vittoria Albani non disegnava ma assemblava le pietre e i metalli nella forma che voleva. I bijoux raccontano cent’anni di storia del costume. Dai pezzi déco a quelli anni Cinquanta, fino ai più recenti  animalier.  Spille e anelli con rane, pappagalli, uccelli vari. Particolari gli anelli per mignolo e anulare insieme. Numerose le spille e di varie dimensioni. Come le collane, dalle più essenziali  con solo un filo dorato su cui aggiungere un ciondolo a quelle più costruite. E poi i bracciali, soprattutto a fascia che,  dice Simona Scala, sono più richiesti di questi tempi, data la difficoltà di indossare orecchini e girocollo con la mascherina.  


mercoledì 2 marzo 2022

SCUOLA DI VITA

Quando si dice di un libro, di un film, di uno spettacolo che è interessante non si esprime quasi mai un giudizio positivo. Gli si attribuisce una certa validità, ma non si dimostra di averlo gradito. Invece per Presente! la definizione interessante è perfetta e sintetica e soprattutto non ha nessuna connotazione negativa, anzi proprio l’esatto contrario. Lo spettacolo al Menotti Teatro Filippo Perego di Milano è una formula di teatro davvero coraggiosa, particolare, inedita, difficile da replicare. Affronta da un punto di vista originale e convincente tematiche di vita quotidiana, dal sociale al sentimentale, con un linguaggio reale. Dove le frasi banali e scontate non fanno che rafforzare il concetto. 



In scena sette attori, solo sei nelle foto(Davide Albanese, Diego Delfino, Marcella Faraci, Giorgia Forno, Giuseppe Monastra, Michele Onori, Martina Scordino), che mantengono i loro nomi e sono anche gli autori e i registi. Il filo conduttore è la scuola, da cui il titolo Presente! una delle parole più pronunciate in quel contesto  che tutti usano e rende tutti uguali. Non ci sono banchi ma solo delle sedie, negli stessi colori degli abiti, tutti diversi, che rendono gradevole e d’effetto la scena. Le sedie oltre che per sedersi servono come tavoli, divisori, letti, piedistalli. Chi ci si nasconde sotto, chi le trascina, chi ci si appoggia, chi ne fa scudo, eccetera. Uno per uno i ragazzi parlano, raramente dialogano. Non raccontano della vita a scuola ma della loro adolescenza, dei rapporti con i genitori, con un fratellastro, solo qualche volta con un professore o una professoressa.  Quegli stessi ragazzi in alcuni momenti sono dei trentenni o addirittura dei quarantenni già padri felici, spesso con un lavoro precario, che non era quello per cui hanno studiato o che era nelle loro aspirazioni.  Constatano, non si piangono addosso. C’è chi fa il bidello, nonostante le due lauree, ma ama il suo lavoro e gli piace aiutare gli studenti. Non si parla di amore ma di vita di coppia e le frasi sono quelle che si dicono sempre, sentite mille volte. Gli attori si muovono di continuo, saltano, strisciano per terra, addirittura pattinano, agili e perfettamente coordinati e in sintonia. Lo spettacolo di Traverso Teatro davvero prende. Non a caso nel 2020 ha vinto il Premio Scintille, scelto all’unanimità tra più di cento progetti.



martedì 1 marzo 2022

LE CONSEGUENZE DELLA MODA

Dire che le proposte emerse in questa Fashion Week milanese, conclusasi ieri, siano state molto varie è una considerazione ridicola. Come si può parlare di varietà, quando l’avatar e il metaverso sono uno degli spunti e delle ispirazioni più utilizzate. Quando un gelato diventa un simbolo, un’icona della moda. Quando sono sempre più diffuse le sfilate e le presentazioni dove il prodotto, leggi abito, scarpa, cappello, è sempre meno visibile e comunque non è il centro dell’attenzione. Eppure dietro questa moda-spettacolo non c’è solo la volontà un po’ pretenziosa di emozionare, c’è l’idea di spingerla fuori dalle pareti del negozio e farne qualcosa sempre più espressione di creatività. Non fine a se stessa ma con una funzionalità e alle volte una finalità che va al di là del vestire. L’obiettivo è entrare nel futuro preparati. Anche per questo è stato più che devastante l’attacco all’Ucraina. Ci ha trovati sgomenti e impreparati. 



Il tema della sostenibilità ormai è acquisito, sentito, non è più solo la caratteristica di un marchio. La moda etica-sociale c’è e funziona. L’Hub di Camera della Moda le ha dedicato una stanza. Ci sono le sciarpe e i poncho di SEP in cashmere, ricamati artisticamente da 500 donne nel campo rifugiati di Jerash in Giordania. Sono oggetti belli ed eleganti e danno lavoro. C’è il nuovo brand Cartiera, perché nella Cartiera Rizzoli di Marzabotto rifugiati e richiedenti asilo, con gli scarti di pelle di grandi maison, confezionano borse. O ancora il ready-to-wear di Ara Lumière prodotto da donne vittime di attacchi con acido, i cui ricavi servono per le cure e il loro reintegro nella società. Due temi la sostenibilità e l’etica sociale che White ha fatto emergere e di cui si occupa da tempo, questa edizione non a caso si chiama Sign Of the Times. Ha avuto 18.850 visitatori e il 24% in più di buyer dell’edizione di settembre 2021. Qui la specializzazione è sempre in primo piano. Artigianato e prodotti di largo consumo o di nicchia, ma con caratteristiche di qualità ineccepibili. Molto seguiti i talks e gli workshop in programma. Nelle foto, dall'alto in basso. Il gioco tridimensionale per gli avatar della Skifidol Capsule di Giorgiandreazza. Gli stecchi Black&White di Pasticceria Gelato con gelato al pistacchio salato di Sicilia ricoperto di cioccolato bianco e fondente. L’abito della collezione Recercle nei colori della bandiera ucraina da Arabesque.