martedì 30 marzo 2021

SWINGING IN THE AIR

La scelta è varia e variegata. Si può farlo sul cocuzzolo di una montagna a 2000 metri o pieds-dans-l’eau sulla riva di un lago. Su un lungolago o di fronte a una cascata con l’imprevisto rinfrescante di qualche spruzzo. Da soli, concentrandosi sulla contemplazione o in compagnia, ben scelta ovviamente. Dondolare è piacevole e lo è ancora di più se in un luogo speciale, magari conquistato con una lunga passeggiata o una sportiva biciclettata, in un periodo di lockdown.



Q
uesto lo sanno Elisa Cappelletti e Fabio Balassi, giovane coppia ticinese (23 anni lei, 27 lui) autori del progetto Swing the world. “L’obiettivo è invitare le persone a trascorrere del tempo fuori dalle pareti domestiche, in maniera originale, divertendosi all’aria aperta” spiega Cappelletti. E così hanno installato nove altalene nel Canton Ticino. Ma ne stanno progettando altre in posti che definiscono particolarmente instagrammabili, forti della comune passione per la fotografia e degli studi di comunicazione visiva di lei e di attività di videomaker di lui. Un modo per far conoscere  luoghi poco noti di quel cantone svizzero a cui sono affezionati e  di incentivare il lento viaggiare, forma di turismo sempre più di tendenza e sostenibile. Molta attenzione è data alla costruzione delle altalene, veri gioielli di artigianato con corde tessute a mano spesse 18 millimetri, fissate tra alberi in genere altissimi o su telai in legno costruiti ad hoc. Anche il sedile è in legno locale, largo dagli 80 ai 90 centimetri e lungo sufficientemente per far sedere due persone. Tra gli esempi (nelle foto) l’altalena con vista sul villaggio di Rasa dove vivono 14 persone, nelle Centovalli, raggiungibile da Locarno con la Ferrovia fino a Verdasio e poi a piedi o in cinque minuti di funivia. Più facile da raggiungere, ma non meno attraente, l’ultimo Swing the world installato a Lugano nel Parco San Grato, il giardino botanico con flora notevole e vista strepitosa sul lago e le montagne. Per saperne di più: www.swingtheworld.ch  

venerdì 26 marzo 2021

DIETRO LA MASCHERA

Forse non sarà come trovarcisi di fronte, ma questa mostra virtuale 3D è interessante perché permette di scegliere come guardare le opere. Ci si può avvicinare molto, scorrerle veloci o concentrarsi su quella che si vuole studiare nei dettagli e contemplarla per lungo tempo senza condizionamenti esterni. Per certi versi il soggetto della mostra è in linea con questa modalità e non solo perché tratta dei cambiamenti di vita che stiamo affrontando in pandemia. 




S’intitola Laura Zeni. Sguardi celati ed è visibile dal 23 marzo al 31 maggio sulla piattaforma kunstmatrix.com.  Al centro della scena collages su tela con volti di uomini e donne, nascosti da elementi vari e per la maggior parte improbabili. Dai più banali come strisce di carta su occhi e bocca o lo strappo di giornale fino ai mattoni rossi di un frammento di muro, un’inferriata aperta sul nulla o uno scorcio di palazzo con finestra. Secondo l’artista quei pezzi di mondo applicati sul viso devono farci riflettere su una nostra visione della vita che non riesce più a essere chiara e nello stesso tempo sono una maschera dietro cui nascondiamo la personalità. Ma è anche un’esortazione a reagire, a ritrovare se stessi e affrontare la vita con più energia. “Zeni con le sue opere sembra urlarci la chiave di volta per reagire, riprendendo contatti con noi stessi e trovando in noi tutto ciò che abbiamo dimenticato o mai conosciuto, e dando finalmente spazio vitale a nuove esperienze interiori e nuove emozioni” scrive la curatrice Serena Mormino. E il fatto che questa mostra sia virtuale aiuta a raggiungere l’obiettivo.  Perché, dopo un primo impatto sicuramente forte e spiazzante, possiamo, in successivi momenti, tornare a rivedere quegli sguardi celati con la chiave giusta per interpretarli.

mercoledì 24 marzo 2021

LA PITTURA AI TEMPI DEL COVID

I colori sono marcati, ma mai violenti, le figure sono identificabili ma con un alone di surreale, tra la fiaba e il sogno. I quadri di Roberto De Wan sono gradevoli, invitano a essere guardati, comunicano serenità e gioia. Ma poi, considerandoli più attentamente, si scopre un dettaglio che sorprende, non inquieta ma fa pensare, sembra voler dire qualcosa, lanciare un messaggio. 



“Genio è il colpo di fulmine della sua pittura, passando dal semplice al complesso e viceversa con gli spartiti della tecnica e dell’attività” ha scritto Pasquale Lettieri, docente universitario e storico dell’arte, che vede nei suoi dipinti a olio punti di contatto con la pittura di Chagall, a cui lo accomuna, oltre la poetica del racconto l’immediatezza nel dipingere. Pur non avendo mai De Wan seguito o essersi ispirato a una corrente particolare. Scrittore di quadri l’ha definito il giornalista, critico e curatore d’arte contemporanea Mimmo Di Marzio. Non a caso la produzione di De Wan si è intensificata in questa pandemia. Più che mai l’artista ha sentito la necessità di raccontare la situazione, tradurre in forme e colori il dramma collettivo. Da cui però si può e si deve uscire. La mostra, che comprende dipinti sulla Divina Commedia, sui miti e ritratti, ora alla Galleria Battaglia di Milano, proseguirà a Torino alla Biblioteca Nazionale Universitaria.   


lunedì 22 marzo 2021

QUATTRO PEZZI FACILI...O NO?

Non è una novità, si continua a dirlo. Ma di questi tempi data la scarsità di buone notizie, fa bene ripetere che l’orribile pandemia ha sviluppato la creatività. Questo esempio riguarda il teatro, uno dei settori più colpiti, sia per chi lo fa che per chi ne gode. Molte le iniziative da parte di direttori artistici, registi, attori per trovare delle alternative. Dagli spettacoli online e on demand a quelli nei cortili, ai corsi. Questi ultimi con il duplice risultato, oltre che di intrattenere, di coinvolgere e motivare chi soffre la forzata inattività. 





Delia Rimoldi e Claudio Gay (nella foto) dello Spazio DiLà, a Milano, si sono inventati le Monografie online. Cioè quattro mini-laboratori, sulla piattaforma Zoom, di sei ore ciascuno, divisi su sabato e domenica, ognuno su un Macro Argomento: la Tragedia, la Commedia dell’Arte, il Teatro Borghese e lo Straniamento Brechtiano, una tecnica elaborata dal drammaturgo tedesco per cui l’attore non deve identificarsi con il personaggio. Hanno individuato uno spettacolo, rappresentativo per ogni categoria, da cui hanno estratto dei monologhi. I testi vengono spediti ai corsisti, al massimo otto per laboratorio, perché scelgano quello da imparare a memoria e recitare. Nessun problema se lo stesso monologo è scelto da più di una persona o anche da tutte e neanche se il sesso del recitante non corrisponde a quello deciso dall’autore. I partecipanti, oltre a recitare, imparano a usare la voce sotto la guida di Delia e Claudio e una parte dell’incontro è destinata alle domande. Il primo laboratorio, il 27 e 28 marzo, ha come soggetto Le troiane di Euripide e prevede anche un coro, tipo di recitazione più complesso, per cui i corsisti leggono. Il secondo laboratorio sulla Commedia dell’Arte è centrato sulla Trilogia della Villeggiatura di Goldoni. Il terzo, dedicato al Teatro Borghese, è su Casa di bambola di Ibsen. Mentre una pièce di Brecht, ovviamente, è prevista per lo Straniamento Brechtiano. Tutti possono seguire i corsi, chi non ha mai recitato come chi ha già esperienza, per questo all’atto dell’iscrizione viene data una scheda da compilare, in modo che i docenti possano gestire i diversi gradi di preparazione. Per info: www.spaziodila.it   Per iscriversi: workshop@spaziodila.it 

giovedì 18 marzo 2021

LEONI RUGGENTI (NON TUTTI)

La Metro Goldwyn Mayer debutta con un nuovo logo, a luglio per il film Dog, diretto e interpretato da Channing Tatum, e ad agosto per il biopic Aretha Franklin con la regia di Liesl Tommy. In questo il leone sarà integralmente CGI (immagine generata al computer).  


Ma quanti sono stati sfiorati dall’idea che dietro al famoso logo ci fosse una creatura vivente, nonostante sia nato 97 anni fa, quando non solo non esisteva il CGI, ma neppure i cartoni animati. E, di questi pochi, quanti hanno notato che il leone non è sempre stato lo stesso, ma se ne sono avvicendati ben sette.  Il primo Slats, classe 1919, dallo zoo di Dublino, in carica dal 1924 al 1928, non ruggiva e si limitava a muovere la testa. Ovviamente, era in bianco e nero. C’è una sua foto a El Monte, nella contea di Los Angeles, dove venivano fotografati i leoni del logo ed erano parcheggiati i leoni di Tarzan. Nel 1928 Slats è sostituito da Jackie che ruggisce, anche se c’è ancora il muto. Una foto lo immortala accanto a una giovanissima Greta Garbo, che ha appena firmato il contratto con la MGM. Seduta su una panchina, la Divina non sembra a suo agio e rumors dell’epoca raccontavano che il domatore ebbe qualche difficoltà a tenere tranquillo il re della foresta, dovendo mantenere le distanze per non entrare nella foto.  


In contemporanea, per le sperimentazioni del colore e quelli che saranno i cartoni animati,vengono utilizzati i leoni Telly e Coffee. Ma è Jackie ad apparire in technicolor nel 1932. Sostituito subito dopo da Tanner, si deve accontentare dei film in bianco e nero. Dopo di lui nel 1956 arriva George, ma nel 1957 è scalzato da Leo che dominerà lo schermo per molti anni, nonostante la criniera non particolarmente folta degli inizi. Nel corso del tempo saranno comunque introdotte diverse varianti nel logo, creato dal pubblicitario Howard Dietz, su ispirazione della mascotte del suo gruppo di atletica alla Columbia University. Nel 1967 in Per favore non mordermi sul collo di Roman Polanski, al posto del leone c’è un vampiro.  Nel 1968 per 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, il motto Ars Gratia Artis scompare e il leone ruggente è sostituito da un leone disegnato. La tecnologia nel 2012 entra finalmente nel logo con il 3D stereoscopico per Skyfall, 007 diretto da Sam Mendes. 

lunedì 15 marzo 2021

FATTI DI BIRRA

Chi è sensibile ai titoli con giochi di parole e ai marchi con nomi a effetto, non può restare indifferente a un nuovo brand Beer Epoque, nato in tempi di pandemia e per ora solo online. Non si tratta di birre, ma con la birra c’entra e anche molto. Infatti è una saponeria artigianale che propone saponi alla birra.




Fondata nel pieno centro di Bruxelles, durante il lockdown, dalla imprenditrice Amy Lam, Beer Epoque mette insieme due elementi della tradizione artigianale belga, appunto la birra e i saponi. La birra che costituisce il 40% dei prodotti è delle etichette più selezionate: Leffe, Trappist Rochefort, Chimay Bleue, Duvel, per citarne solo alcune. Le profumazioni sono svariate e piuttosto classiche, da lavanda, cedro, arancia a citronella e patchouli. Superfluo dire che i saponi utilizzano solo ingredienti naturali, nessun additivo chimico e hanno proprietà idratanti, nutrienti, purificanti. Tre le linee, una a base di birra bionda per pelli delicate, una seconda con frutta consigliata per pelli secche e una terza ideale per chi fa attività sportiva. Se nei nomi scelti per le prime due, Essentials E e Fruitas, non si nota una particolare originalità, su quello per la terza linea Sudoral, si ha qualche perplessità. Il riferimento alla Belle Epoque  non è privo di senso in quanto le confezioni richiamano il packaging di quell’epoca, così come i porta saponi, le custodie da viaggio, i guanti per la pulizia del viso e il porta asciugamani in corda. A completare la proposta anche oggetti in sapone, creati dalla stessa Amy Lam. Il sito è: www.labeerepoque.be/en/


 

giovedì 11 marzo 2021

PARIGI E' SEMPRE PARIGI

Balletti, passeggiate affondando nella neve o tra le sculture più preziose del mondo. Camminate sulle ali di un aereo piuttosto che in una delle più favolose regge. E poi vetrine straordinarie e animate, maneggi come passerella. La Brasserie Lipp come backstage da cui escono le modelle per sfilare in Saint-Germain-des-prés deserto. Nessuna settimana della moda fisica avrebbe potuto avere tali scenografie e coreografie come quella di Parigi in streaming, appena finita. Forse è stato a scapito delle collezioni, di cui i capi si vedevano poco, di certo è stato un viaggio pieno di sorprese. Dior ha raccontato una favola mix di Cenerentola e Cappuccetto Rosso con tanto di orologio che segna la mezzanotte, ragazza in rosso che corre giù da una scala, niente principi azzurri ma la Sala degli Specchi della Reggia di Versailles come passerella. 

Una storia d’amore sulla neve, per l’americano Thom Browne con una protagonista dalle lunghe trecce bionde e un monumentale abito di piumino. Sulla neve, quella di Cortina, pure le ragazze Miu Miu con passamontagna, giacconi, sciarpe all’uncinetto, abiti sottoveste e cappotti in maglia.



La passerella di Balmain è l’hangar dell’Air France per cui lo stilista Olivier Rousteing ha disegnato le uniformi delle hostess. Le modelle, uomini e donne, camminano tra i carrelli ma anche sopra e sotto le ali di un 777. Rick Owens sfila su un molo del Lido di Venezia trasformato in pontile post-apocalittico. Vivienne Westwood sta nella vetrina del negozio di Mayfair a Londra, mentre Andreas Kronthaler, suo marito e stilista del brand, si esibisce in brani scelti da My Fair Lady del 1964, in omaggio agli 80 anni della signora. Le modelle icone di Chanel sono riprese prima nel backstage poi nella disco e  al ristorante, quindi sfilano e nel finale escono in gruppo come tante amiche, accompagnate dalla stilista Virginie Viard (foto in alto). Per Louis Vuitton, Nicolas Ghesquière trae ispirazione, per le stampe di giacche e abiti, dallo straordinario archivio di Piero Fornasetti. E per restare in tema  presenta la collezione nelle Gallerie del Louvre con le sculture greche, etrusche, romane e lo sfondo della Piramide di Pei (foto al centro). Hermès si fa in tre, tra New York, Parigi, Shanghai. Schiaparelli propone scene di vita da backstage, ma strabilia con dettagli e accessori fantastici (foto in basso). 
 

martedì 9 marzo 2021

OTTOMARZO

Festeggiare l’8 marzo potrebbe apparire superato, quasi una discriminazione, una ghettizzazione. Perché le donne devono avere una loro giornata e gli uomini no? Eppure a parte il dramma della violenza sulle donne che sembra essere addirittura ingigantito, la condizione femminile a livello occupazionale è ancora pessima e con l’emergenza Covid è peggiorata.  Secondo l’Istat dei 101mila lavoratori in meno di dicembre ben 99mila sono donne. Quindi ben venga l’8 marzo. Anche perché la pandemia ha annullato parte degli aspetti fastidiosi, come i gruppi di donne urlanti in pizzeria, per cui quella sera si preferisce stare a casa o se si vuole andare al cinema ci si va accompagnate da uno o meglio due uomini. Certo restano ridicole strumentalizzazioni marketing oriented come sconti su prodotti vari suggeriti a lui da regalare a lei,indumenti intimi e profumi in vantaggiosa offerta, eccetera. O ancora inchieste inutili su quanto aumentano i rapporti omosessuali tra donne l’8 marzo. Fortunatamente sono e sono state molte di più le manifestazioni e gli eventi in positivo.  Dai cinema che hanno riacceso per una sera le luci, con proiezioni a porte chiuse di film sul tema della donna. Ai teatri che, sempre in streaming, propongono pezzi femministicamente connotati.    



A Milano al Piccolo Teatro alcune attrici hanno letto poesie di Alda Merini, mentre  l’Out off  ha riproposto  le interviste ispirate a Tutta casa letto e chiesa di Franca Rame e Dario Fo. Dal carcere di Bollate, sempre in streaming, si è visto Da donna a donna con una raccolta di testimonianze. Organizzato dal Comune di Milano, oggi alle 17, un convegno sulle pari opportunità a cui seguirà un video sui talenti delle donne. Parte in questi giorni il bando del Museo del Tessuto di Prato che invita a proporre la propria idea di progetto eco-innovativo. E la priorità è data alle donne e ai giovani under 35. C’è anche chi ha anticipato l’8 marzo come Roberto De Wan che a Milano, nel negozio di Via Manzoni e alla Galleria Battaglia, ha presentato le sue nuove opere dal titolo Abstract flowers for Women’s day che celebrano appunto l’altra metà del cielo (v.foto).  O chi come lo street artist Ivan Tresoldi, ha voluto porre l’attenzione sul tema, mai troppo evidenziato, della violenza sulle donne e trasgressivamente ha tinto di smalto rosa l’unghia del monumentale dito medio di Cattelan in Piazza Affari(v.foto).

giovedì 4 marzo 2021

NEL SEGNO DEL NON

Non, una delle poche parole palindrome della lingua italiana, una delle poche a terminare con una consonante, forse l’unica che in stampatello si può leggere dall’alto al basso e viceversa. Sicuramente tra le più brevi, se si escludono le preposizioni. Eppure importante, che può cambiare il significato di una frase. In modo negativo, ma curiosamente anche positivo. Non è il titolo della personale di Lorenza Morandotti alla Galleria Francesco Zanuso di Milano. Una scelta non di tipo estetico-linguistico a effetto, ma motivata dalla caratteristica dei suoi lavori. Non è fondamentale per arrivare al centro, all’essenziale, perché vuol dire sottrarre, togliere, ma non negare. Un non quindi costruttivo. E’ quello che l’artista esprime con quei cerchi quasi invisibili nei piccoli quadri di tecnica mista.  Ma anche con quei cerchi concentrici in diversi colori negli acquerelli, su tela  e  sul tessuto delle Cosmos’flags, le bandiere. Nelle sculture il centro è un foro, così nel marmo nero Marquina o in quello bianco Versilys. E’ un foro anche nei due bronzi stilizzati intitolati, non a caso, Adamo ed Eva, con un chiaro riferimento all’origine di tutto. Quel punto nell’infinito che è il cuore e il centro della terra, l’ombelico del mondo da cui parte tutto. 


Dietro le opere di Morandotti, piacevoli da guardare e scoprire nei minimi dettagli, c’è un pensiero e una filosofia maturata con le sue esperienze del lavorare con le mani, specie l’argilla sul tornio e dallo studio delle teorie su spazi e vuoti delle discipline artistiche orientali. 

La mostra alla Galleria Francesco Zanuso (Corso di Porta Vigentina 26), inaugurata ieri, chiude il 25 marzo. E’ aperta dal lunedì al giovedì, dalle 15,30 alle 19, venerdì su appuntamento (cell.3356379291). 

lunedì 1 marzo 2021

LIETO FINE

Emblematico che nell’ultimo giorno della Settimana della Moda  di Milano sia in calendario Ports 1961. Che, oltre a festeggiare i sessant’anni, risponde a quello stile di vita e di vestire  prioritario in questo momento. In primo piano la maglieria, calda, avvolgente, con lavorazioni particolari. Vasta la scelta dei cappotti, di vario tipo, ma accomunati da una rassicurante morbidezza, d’aspetto e di fatto. Grande ricerca nei colli: alti, a fascia, con drappeggio, con sovrapposizioni e mantelline, con revers giganti o interrotti da tagli, con inserti in pelliccia (foto in basso). Pelliccia, eco ovviamente, anche per le  borse.   Molti hanno detto e scritto che in queste sfilate e presentazioni digitali sono mancate le emozioni, date dal contatto con le persone, dai backstage, dalla musica, dalle luci che si accendono sulle passerelle, ma anche dalle lunghe, snervanti attese, dal traffico, dalle code, nel male e nel bene quindi. Però è vero che c’è stato un ripensamento, un ridimensionamento, sono state fatte valutazioni che hanno ribadito e messo in risalto l’importanza della moda italiana. In tutti i suoi aspetti e i suoi attori, dalla grande azienda al piccolo artigiano, dal creativo all’imprenditore, al buyer. 



A questo proposito importante è stato il lavoro svolto da White, la cui piattaforma ha avuto oltre 8mila utenti al giorno, con un tempo di visita medio di 2,5 minuti e un 400% di contatti social in più rispetto alla scorsa edizione. Oltre 3mila persone si sono collegate per seguire i webinar che hanno tenuto viva l’attenzione sulle problematiche e il futuro della moda e non solo. Tra i temi toccati la circolarità dell’economia, la sostenibilità, l’importanza di dare spazio alle  piccole e medie imprese, la riscoperta e la valorizzazione dell’artigianato come parte determinante del made in Italy. Ma anche come l’industria tessile può compromettere la distribuzione di alimenti nel mondo. Ottimo a conclusione il corto This is Milano, un omaggio alla città per lanciare un messaggio di positività, realizzato da Milano loves Italy, gruppo di cui fanno parte Camera Buyers, il Comune di Milano e le associazioni di show room. Un itinerario fra monumenti simbolo, ma anche angoli sconosciuti, atélier, scorci particolari, in compagnia di modelle e e dell’attrice Demetra Bellina, con capi di noti designer e di 

                    

piccole e medie imprese. Buona anche l’iniziativa di Martino Midali che, nelle vetrine dei negozi di Via Mercato e Via Madonnina, ha proposto un tributo alle riviste italiane che parlano di moda e lifestyle.