giovedì 18 luglio 2024

PITTORE DI IDEE E POESIE

E’ perfetta la scritta “Pittore di idee”, che segue “Valerio Adami"nel titolo dell’antologica, dedicata al grande artista a Palazzo Reale di Milano, dal 17 luglio al 22 settembre. Nella sua coloratissima pittura, infatti, pur restando Adami sempre coerente a un preciso stile che non rientra in nessuna corrente, si notano continui passaggi, cambiamenti di toni, variazioni di soggetti e citazioni, ricordi, riferimenti,  appunto una rassegna di idee in continua evoluzione.




La mostra, curata da Marco Meneguzzo con il coordinamento di Valeria Cantoni Mamiani, presidente dell’Archivio Valerio Adami nonché nipote dell’artista, propone oltre settanta grandi quadri e una quarantina di disegni realizzati tra il 1957 e il 2023. Al primo impatto è il colore, sempre in toni particolari, che caratterizza i suoi lavori, ma di fatto è il disegno “la chiave di lettura” e “il punto di partenza” soprattutto nei lavori più recenti, come i ritratti di svariati personaggi contemporanei e del passato, della scienza, della letteratura, della storia, dell’arte. Alcuni dei quali Adami ha conosciuto e frequentato,  soprattutto negli anni Sessanta quando è cominciata la sua vita parigina nel quartiere di Montmartre, dove ancora trascorre l’inverno, quando non è nell’attuale abitazione sul lago Maggiore. Per lui il disegno è un modo per “dare ordine alle cose”. Dietro, una visione ampia della storia e della contemporaneità che prende dalla filosofia, dalla musica, dalla letteratura e che la vita a Parigi e la frequentazione  di un certo mondo intellettuale ha  favorito. Ed è frutto di questo “ordine” il racconto di mondi e situazioni diverse. Adami passa da immagini che evocano la guerra o un attentato politico a situazioni di vita metropolitana, a trasgressivi incontri di coppia (foto in basso). O di raffinato e colto umorismo come l’Enea che porta sulle spalle il vecchio padre Anchise e in un angolo la scritta Hollywood, dove stanno dirigendosi. O ancora la tenera immagine dell’uomo a cui scende una lacrima da ogni occhio,  con un cane (foto al centro). Forse un autoritratto con l’amato Ego. “L’ho chiamato così perché ci somigliamo, non perché io faccio una vita da cani, tutt’altro, ma perché il cane è fedele e io sono fedele alla mia professione, al mio lavoro” spiega il pittore nel documentario Valerio Adami, il pittore di poesie per la regia di Matteo Mavero, da vedere in mostra. Da questo video si capiscono tante cose della sua vita e del suo lavoro, che lui ama moltissimo. “Mettersi davanti a un quadro è mettersi davanti a un sogno”. “Quando disegno  cerco di buttare via i brutti pensieri” ed è questa la poesia che Adami, con la sua pittura, riesce a trasmettere e che si ritrova anche nelle didascalie dei suoi quadri. Una mostra assolutamente da non perdere. L'ingresso è libero.


mercoledì 17 luglio 2024

LA SCOPERTA DEI NIDI DI RAGNO

Capita sempre più spesso che il teatro prenda dalla letteratura,  narrativa o saggistica che sia. La trasposizione non è certo semplice, specie se si tratta di un romanzo come Il sentiero dei nidi di ragno da cui è stato tratto l’omonimo “percorso di parole e musica per Italo Calvino” al Teatro Franco Parenti di Milano da ieri fino a domenica 21. Tanto più che lo spettacolo, con la regia di Paolo Bignamini e l’adattamento di Giulia Asselta, che è anche aiuto regista, prodotto da CMC/Nidodiragno (in collaborazione con il Teatro degli Incamminati e l' Associazione culturale LetterAltura di Verbania), è un monologo.




In scena Stefano Annoni, uno dei più  versatili attori della nuova generazione, accompagnato dal suono dell’ottima fisarmonica di Katerina Haidukova (Bielorussia, classe 1999). La storia, datata nella seconda guerra mondiale, è quella di Pin, un adolescente spavaldo, che preferisce  confrontarsi con gli adulti piuttosto che con i coetanei. Preso in questo vortice ruba una pistola a un tedesco ed entra nei partigiani, per ritornare poi al sentiero dei nidi di ragno, l’unico luogo in cui non si sente solo. Per raccontare la storia Annoni interpreta i personaggi più diversi, cambiando in modo straordinario voce, atteggiamenti, accenti, movimenti del corpo, espressioni del viso. Dall'autore, appunto Calvino, che vorrebbe scrivere una storia sul mondo partigiano a Pin e a tutti gli adulti con cui viene a contatto, dal cattivo, che lo prende in qualche modo sotto la sua ala, al traditore, dal quasi eroe al militare, al borsanerista, fino a Nera, la sorella di Pin, con cui il ragazzo ha un rapporto distorto.  Sempre da solo Annoni riesce a far rivivere i dialoghi, gli incontri, i confronti, gli scontri.  Si abbassa  per parlare con Pin nella parte dell’adulto, e un secondo dopo è Pin che guarda dal basso all’alto l’adulto. I movimenti svelti e un po’ goffi del ragazzino si alternano a quelli più studiati dell’adulto. E tutto in un’atmosfera se non proprio di suspense, comunque di curiosità per sapere cosa succederà. In cui Annoni riesce a coinvolgere il pubblico, anche stimolandolo con passaggi tra le poltrone e domande non sempre retoriche. Perfetto il finale con la famosa canzone del partigiano, ripresa dai Cantacronache, collettivo di musicisti e letterati, nato a Torino nel 1957 e scioltosi nel 1962, di cui faceva parte lo stesso Calvino



martedì 16 luglio 2024

FANTASIA AL POTERE

 E’ una mostra per tutti. E questo non significa che Dal cuore alle mani sul lavoro e l’arte di Dolce & Gabbana (a Palazzo Reale di Milano fino al 31 luglio) sia poco pensata tanto da poter essere allestita da quasi chiunque. E’ per tutti perché è capace di sorprendere ed emozionare anche i più restii. Dal super intellettuale all’amante del minimalismo, dall’idealista, sempre alla ricerca del messaggio, al fautore del "less is better". Impossibile non restare abbagliati dall’atmosfera avvolgente di quelle dieci sale. Dalle luci, ai colori, alle musiche tutto è studiato per colpire e lasciare un segno.




Come ha scritto Domenico Piraina, direttore di Palazzo Reale, “è un grand tour tra le bellezze d’Italia... tra diverse fonti di immaginazione e di ispirazione”. Curata da Florence Muller la mostra non racconta solo il lavoro dei due stilisti e la loro ispirazione  contaminata da varie arti. Ma l’artigianato, le tradizioni, la "sicilianità". Si passa dal total bianco abbagliante della sala del barocco (foto al centro) alla multicolore sala dedicata alla Sicilia, dove tutto ha i disegni e le tinte accese dei famosi carretti:  dal pavimento in ceramica ai frigoriferi, alle caffettiere, ovviamente agli abiti, per la maggior parte delle collezioni haute couture (foto in alto).  La Sicilia è sempre in primo piano ed ecco per la contaminazione-cinema gli abiti in stile Gattopardo e video con le più significative scene del film di Visconti. Tra le sale forse più intriganti quella dei cristalli con abiti, appunto con ricami e applicazioni di enormi cristalli, lampadari a gocce e un rumore di vetri che si rompono, quasi una musica dai toni inquietanti (foto in basso). L’architettura  entra di forza nella sesta sala dove  sono ricostruiti i soffitti e gli stucchi di Palazzo Farnese, con abiti nei quali la pittura sacra diventa motivo ornamentale per cappotti e giacche.  Più narrativa la sala dedicata all’artigianato e alle lavorazioni sartoriali, quasi un tributo ai tanti laboratori che collaborano con la maison. La più “sopra le righe” sicuramente la sala dell’Opera con pareti dipinte come i palchi della Scala, manichini che raccontano i personaggi delle opere, una tavola imbandita con trionfi di frutta, mantelli con strascico da Don Carlo e, a sorpresa, felpe con ritratto di Verdi. Sapientemente e fortunatamente i toni scendono nella piccola stanza dove termina la mostra e da dove si esce. Qui solo un abito in pizzo macramé, frutto di attento e lungo lavoro, ma portabile. Un omaggio a Milano, dove Dolce & Gabbana è nato e cresciuto.



domenica 14 luglio 2024

SPIAGGE FIRMATE O FIRME SPIAGGIATE?

Dagli inizi dell’estate si parla e si legge molto di spiagge "reinterpretate" da brand e stilisti. Non si può considerare una tendenza del momento, anche perché non coinvolge i fruitori, ma riguarda solo i promotori. Difficile pensare che si scelga una spiaggia solo perché ombrelloni e lettini sono stati “progettati” da un certo creativo.  Anche perché ombrelloni e lettini non sono l’elemento decisivo per preferire Forte dei Marmi a un’isola delle Eolie o viceversa. Di sicuro dietro a questa, chiamiamola pure, tendenza ci sono una serie di motivazioni e cambiamenti epocali.

Le mete per “fare mare”, cresciute enormemente negli ultimi cinquant’anni, stanno diminuendo. A parte le spiagge diventate pericolose per guerre e simili, quelle in vicinanza di probabili eventi catastrofici, dall’eruzione del vulcano allo straripamento di fiumi, o in odore di terremoti e onde anomale, ci sono quelle prima obiettivo di pochi eletti, ora diventate per tutti (v.Maldive).Si aggiunge che la spiaggia “incontaminata con sabbia come cipria” sta diventando introvabile se non per veri naufraghi o per gli happy few che possono comprare isole deserte, senza problemi di IMU e nessuna vocazione al "be seen". A questo punto l’unica alternativa sono le spiagge nei luoghi più o meno tradizionali. Come fare allora a dare qualcosa di più a uno stabilimento balneare, dati confort, vista, assistenza, servizi identici? Insomma a diversificare "stessa spiaggia, stesso mare"? Ed ecco cuscini, lettini, ombrelloni in un tessuto firmato che ne rivela il creatore, piccolo shop all’interno degli stessi bagni dove comprare oltre a cuscini e teli, pareo, T-shirt, shopping bag. Un fenomeno che non si limita all’Italia, non tanto per gli stilisti in gioco, quasi tutti italiani, quanto per le spiagge da "reinterpretare".Così ha fatto con il Bombon Pool Club Alberta Ferretti per l’Hotel de Mar Gran Melia di Palma di Majorca. Così Missoni per la Costa Smeralda, così Gucci, già dallo scorso anno, per il Loulou Ramatuelle sulla mitica (per Brigitte Bardot anni ’50) spiaggia Pampelonne di Saint Tropez. Così i Dolce & Gabbana per il Carillon di Paraggi (v.foto). Fino  alla rivisitazione in chiave "orchidea" per teli mare e cuscini delle 22 Villas del Luxury Resort dell’Hotel Cavo Tagoo di Mykonos, di Genny. La stilista Sara Cavazza Facchini si è ispirata all’atmosfera dell’isola greca anche per una capsule collection fatta di caftani, camicioni, shorts, da accessoriare con tote bag in rafia, cappelli e maxi salvagente. Acquistabili nell’hotel, on line e nei monomarca Genny fino a ottobre.  

mercoledì 3 luglio 2024

IL RICHIAMO DELL' OBELISCO

Discreto nel suo rigore geometrico, sobrio nelle tinte scure dei materiali in cui è realizzato eppure Obelisco di Maria Cristina Carlini, in Piazza Berlinguer a Milano, cattura immediatamente lo sguardo. Anzi dà un’identità, una fisionomia, una forte connotazione a una piazza che, fino al 21 giugno, data del collocamento della scultura, era solo un incrocio di strade, non degna del grande personaggio al quale era dedicata. 



Alto più di 4 metri, è in acciaio corten, materiale prediletto dall’artista, che avvolge e ricopre legno di recupero con dei fori. Una struttura di base con una sua vita, essendo stata un tempo parte di una stalla, che dialoga con il rivestimento aggiunto. E che rimanda al passato, alla memoria, tema ricorrente nella poetica di Carlini. E quindi alla titolazione Obelisco che, come ha detto Flaminio Gualdoni, curatore dell’evento per la donazione, patrocinato dal Comune di Milano, “rimanda alla celebrazione monumentale…un omaggio alla ‘storia senza nomi’ quella fatta non da eroi ma da una comunità che si riconosce e si stringe a un valore antico e condiviso”. Un’opera che, come svariate altre di Carlini, sparse nel mondo, sorprende e colpisce nel segno, proprio per il senso del ricordo ben reso dalla  contrapposizione di materiali con una loro vita passata e l’intervento artistico quanto mai contemporaneo, quasi futuribile. Anche "raccontato" nella piccola mostra che ha accompagnato fino al 30 giugno la posa dell’Obelisco. Nella sede culturale del municipio di zona, infatti, sono stati esposti dieci pannelli fotografici che documentavano il percorso dell’artista, oltre che video e interviste sul suo lavoro. 



giovedì 27 giugno 2024

SARANNO FAMOSI

Sarà un atteggiamento old fashion e poco millennial, ma fa piacere vedere degli under 25 raccontare in modo entusiasta il loro progetto. Però senza prosopopea e senza l’esaltazione e il piglio d’artista, più o meno compreso. Il che trattandosi di moda non è così comune. Si sta parlando di Avant Defilé, ieri e oggi a Palazzo Giureconsulti a Milano. Un evento patrocinato dal Comune e da Camera Nazionale della Moda Italiana in cui dieci diplomandi della Scuola di Moda IED di Milano presentano le loro dieci collezioni di tesi. Per ognuno di loro uno stand dove esporre il progetto e ogni 45 minuti una sfilata a turno  nel salone del palazzo cinquecentesco, nel loggiato e in Piazza Mercanti. I tre migliori progetti votati dal pubblico saranno premiati. Ecco i nomi dei futuri stilisti. 



Emma Baroni in Je vois encore ricorda il suo paese o meglio le valli e le tradizioni del suo Trentino,  con abiti in tessuto d’arredo, maglieria calda e confortevole nei toni e con i disegni della natura. Davide Casadei per Indossando la pioggia inserisce elementi contemporanei e quasi futuribili nel classico, spesso per un doppio utilizzo come per il collo del pull o la geniale borsa gilet al 100% in cotone spalmato (foto in basso). Andrea Cella per Round Around guarda all’abbigliamento sportivo d’alta quota, ne studia le lavorazioni, trae spunti per i dettagli, trasforma piumini in zaini. Alessia Ferrucci con Azione di cura  dà un riconoscimento ai lavori "non riconosciuti", come di chi tiene pulita una casa. Trasforma il grembiule in abito stratificandolo, o in trench, usa finti stracci spiegazzati per pull e maglie. Matteo Gagliano propone Circadian Rhythm, una collezione onirica pensata per la donna ma con qualche capo per lui, prende i tessuti e le imbottiture dei materassi ed elementi del vestire militare. Fil rouge il cavallo, sempre presente nei sogni. Filippo Ghini per Not Scary è influenzato dall’horror e dall’estetica dell’arte gotica ed ecco piumini che sembrano animali in cui infilarsi ed enormi stivali neri con decorazioni bianche. Stefano Marra presenta una collezione per tutte le taglie e più uomo che donna. Si chiama Icaro di cui racconta la storia di annientamento e ricostruzione. Un mix di militare e stile disco in materiali riciclati, come la pelle di struzzo lavorata con carta abrasiva. In materiale riciclato anche i manichini. Niccolò Mattavelli in Edo Yankees, come anticipa il nome, mette insieme streetwear e lavorazioni sartoriali giapponesi, con capi che riecheggiano tenute delle arti marziali e un camouflage provocatorio con le stampe di dollari e yen. Marco Servedio e 3 K come  le iniziali di tre parole giapponesi che significano sporco, pericoloso, esigente e definiscono il lavoro dell’operaio.  Capi quindi da lavoro con tessuti tecnici e zip invisibili o con doppio cursore. Cristian Torchia con Momento propone una collezione femminile che esce dai canoni per un’estetica che gioca su stratificazioni, tridimensionalità, cuciture con taglio a vista. A disposizione dei visitatori il magazine fotografico pubblicato annualmente dallo IED e realizzato  con i progetti degli studenti. Quest’anno s'intitola Walking e i progetti, camminano per Milano. 

mercoledì 26 giugno 2024

STORIA DI JANIS

Una breve vita, davvero “da romanzo” quella di Janis Joplin,  una delle voci più importanti del rock, morta di overdose a 27 anni nel 1970. Anche poco ricordata per quello che è stata.  Certo è difficile portare sulla scena o sullo schermo un personaggio di quel tipo.  Con una personalità fortissima, una voce straordinaria, una grande creatività e la capacità di imporsi nel mondo della musica e, nello stesso tempo,  una  fragilità, un’insicurezza e dei complessi di inferiorità che l’hanno perseguitata per tutta la sua esistenza spingendola a "cercare conforto" nell’eroina. Due personalità da mettere insieme, impresa non facile. Ci sono riusciti Marta Mungo e Davide del Grosso con Janis. Take another little piece of my heart, prodotto dal Teatro del Buratto e in scena al Teatro Bruno Munari di Milano, fino al 29 giugno. Mungo  come attrice, Del Grosso come autore del testo, dei video e regista oltre che attore. 


Straordinario è stato l’essere riusciti a togliere e soprattutto a non approfittare di tutto quello che era estremo, cadendo nello scontato. Hanno invece abbassato i toni per farli esplodere solo in qualche momento clou. Grazie anche all’interpretazione della Mungo, oltre che di Janis Joplin,  di un’adolescente dell’hinterland milanese negli anni 90, non particolarmente carina e soprattutto insicura di sé, 
bullizzata dai compagni di scuola.  Proprio una versione della Joplin mitigata e non così drammatica, ma anche rappresentativa di un disagio dei giovani. Perfetti gli interventi  di documentazione, dalle pagine di diario personali, ai video di concerti, ai brani di musica in video o reinterpretati da Mungo, alle lettere. Compreso il fatidico telegramma in cui David Niehaus, forse l’unico uomo con cui Janis  avrebbe potuto avere una relazione vera,  annunciava di voler riprendere il rapporto con lei, perché "ripulita" dall’eroina.   Che fu ritrovato alla reception dell’hotel di Los Angeles la mattina seguente alla sua morte.