Una breve vita, davvero “da romanzo” quella di Janis Joplin, una delle voci più importanti del rock, morta di overdose a 27 anni nel 1970. Anche poco ricordata per quello che è stata. Certo è difficile portare sulla scena o sullo schermo un personaggio di quel tipo. Con una personalità fortissima, una voce straordinaria, una grande creatività e la capacità di imporsi nel mondo della musica e, nello stesso tempo, una fragilità, un’insicurezza e dei complessi di inferiorità che l’hanno perseguitata per tutta la sua esistenza spingendola a "cercare conforto" nell’eroina. Due personalità da mettere insieme, impresa non facile. Ci sono riusciti Marta Mungo e Davide del Grosso con Janis. Take another little piece of my heart, prodotto dal Teatro del Buratto e in scena al Teatro Bruno Munari di Milano, fino al 29 giugno. Mungo come attrice, Del Grosso come autore del testo, dei video e regista oltre che attore.
Straordinario è stato l’essere riusciti a togliere e soprattutto a non approfittare di tutto quello che era estremo, cadendo nello scontato. Hanno invece abbassato i toni per farli esplodere solo in qualche momento clou. Grazie anche all’interpretazione della Mungo, oltre che di Janis Joplin, di un’adolescente dell’hinterland milanese negli anni 90, non particolarmente carina e soprattutto insicura di sé, bullizzata dai compagni di scuola. Proprio una versione della Joplin mitigata e non così drammatica, ma anche rappresentativa di un disagio dei giovani. Perfetti gli interventi di documentazione, dalle pagine di diario personali, ai video di concerti, ai brani di musica in video o reinterpretati da Mungo, alle lettere. Compreso il fatidico telegramma in cui David Niehaus, forse l’unico uomo con cui Janis avrebbe potuto avere una relazione vera, annunciava di voler riprendere il rapporto con lei, perché "ripulita" dall’eroina. Che fu ritrovato alla reception dell’hotel di Los Angeles la mattina seguente alla sua morte.
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