Un gatto dal
folto pelo nero si aggira guardingo in un cortile. Un bassotto, un border collie, un levrieroide
camminano compunti al guinzaglio dei
loro padroni, in una lunghissima coda per entrare in una casa. All’interno, in una sala deserta, c’è una cassa di legno grigio con un piccolo buco sul fondo, da cui esce, solo
con il muso, un topo che racconta una
storia in inglese. Nessun problema per la sua incolumità, il gatto non riuscirà
a raggiungerlo. Non è l’ultimo film di animazione della Disney ma l’inaugurazione
di una mostra. Il gatto come i cani e i loro padroni sono veri, il topo, invece, è finto e fa parte di un’installazione. Siamo a
Milano in Via Orobia 26 a pochi
passi dalla raffinata e minimalista nuova Piazza Adriano Olivetti e dalla
Fondazione Prada. Qui, all’interno di un cortile, con l’insegna di un outlet di
gelati, c’è l’ICA Milano, Istituto Contemporaneo per le Arti, aperto ieri sera.
L’edificio
degli anni ’30, abbandonato da più di vent’anni, all’esterno è fatiscente, ma senza
il fascino dell’ archeologia industriale. L’interno è su due piani, collegati da
una scala d’epoca in marmo di un certo pregio. Le pareti sono solo imbiancate e
il soffitto è al rustico. I grandi finestroni sono l’unico elemento caratterizzante.
Creato da un gruppo di collezionisti e diretto da Alberto Salvadori, storico
dell’arte nonché curatore di molteplici mostre e iniziative artistiche, ICA Milano non è e non vuole essere un museo, perché
non ha una collezione permanente. Ma non è neanche
solo una sede espositiva. Si configura come uno spazio dove ritrovarsi “per
raccontare e parlare d’arte”. Nel fitto programma, infatti, oltre le mostre,
sono previsti appuntamenti di vario genere. Da piccole fiere di libri a
proiezioni di film e docufilm, da reading e presentazioni di volumi e scritti a
performance e workshop. Ad aprire Apologia
della storia-The Historian’s Craft, mostra curata dallo stesso Alberto
Salvadori e da Luigi Fassi, direttore del Man di Nuoro. Il titolo è quello di
un testo dello storico Marc Bloch, pubblicato postumo nel 1949, da cui la mostra prende spunto. Come il libro è una riflessione sul ruolo della storia per
capire le vicende umane, anche nel contemporaneo. Da vedere disegni, quadri, sculture,
video, foto, ma soprattutto installazioni “che ricercano nel presente i segni
dei mutamenti in atto, delle tensioni verso il futuro, a partire dalla
comprensione del passato”. Dodici gli artisti provenienti da tutto il mondo
(uno solo italiano) e di tutte le età, alcuni noti, altri meno. La mostra
chiude il 15 marzo. ICA Milano è aperto da giovedì alla domenica, dalle 12 alle
20, con ingresso libero.
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