Non si può
definire teatro nel teatro, ma certo per Il
re anarchico e i fuorilegge di Versailles, al teatro Menotti di Milano fino
al 17 giugno, si può parlare di sperimentazione. A sperimentarsi nella regia e
sul palcoscenico un attivissimo Paolo Rossi. In linea con il concetto di base,
sulla scena solo un divanetto barocco
sul quale Rossi sta dormendo, quando si apre
lo spettacolo. La sua voce fuori campo dà informazioni al pubblico, of course sul filo della comicità che è
nelle sue corde. Compare Lucia Vasini (foto in alto) con una parrucca da star hollywoodiana
anni '50 e nel dialogo-monologo con l'addormentato Rossi, capocomico della
compagnia, si snocciolano le citazioni shakespeariane. Non le uniche
naturalmente. Quando il capocomico si sveglia compaiono i quattro attori
e i quattro musici che avevano accolto il pubblico suonando nel ridotto. Il fine della giornata è
andare a Versailles e sottrarre libri dall’archivio. Non si sa se i nostri
riusciranno nell'impresa. La realtà si mischia al sogno e alla finzione
scenica. Un'aspirante attrice fa un provino e, bianco vestita, dice di essere la
morte. Un musicante realizza il suo sogno di cantare, ma soprattutto di ballare
il pezzoforte del Don Giovanni. Si ironizza,
e non è certo la prima volta, su Aspettando
Godot. Si ricorda Molière e la sua morte in scena. Il pubblico diventa allucinazioni. Non si sa fino a che
punto gli attori improvvisino, recitino a canovaccio, o seguano dei copioni precisi. Il dubbio sussiste e l'idea
dell'improvvisazione dà i suoi risultati . E per chi apprezza il teatro giocato
con un nuovo spirito è davvero una bella esperienza. E il surreale sottotitolo da Molière a George Best in qualche modo
lo annuncia.
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