Lunghe tavole con candide tovaglie di lino, bicchieri a calice di cristallo, piatti di fine porcellana, per accogliere un menu insolito. Cestino di ragnatela con aracnide brillante, tagliere di cuori aperti con incastonatura di borchie,
alcuni antipasti. Spadellata di doppio ago, vellutata di cipolle trapuntate e fusilli elasticati al pomodoro fresco, fra i primi. Come secondi grigliata di pelle a quadri concentrici, insalata mista di cashmere, brasato di quadri a zig zag. E per dessert macedonia di pelli su teschio, semifreddo di ecopelliccia con fiocchi di fettuccia. Un vero appagamento per la vista, nello stile dei più grandi chef, ma cibo totalmente immangiabile. Nessuno scherzo, nessuna rievocazione futurista , ma un modo per proporre lavorazioni particolari. Con il titolo Taste the innovation Giglioli, trapuntificio e ricamificio di Empoli con una tradizione quarantennale, ha presentato così le sue incredibili lavorazioni. Tessuti trapuntati ma senza filo, oppure con cuciture doppie ma con diversi disegni, motivi di punto croce a sorpresa, sovrapposizioni di pellami, ricami su materiali che spariscono, cuciture effetto coccodrillo, scomposizioni di quadri, ovatta double face. Magie che fanno di Giglioli il più ambito fornitore di stilisti e grandi maison.
Un enorme verme nero fatto di cemento, gigli,
sabbia dell’Adriatico, capelli umani,
che poi si scoprono dell’artista-stilista, si snoda per diverse sale. Intorno
gruppi di manichini. Con abiti drappeggiati
da statua greca,con capi in pelle effetto armatura, con mantelli medioevali. Oppure ancora manichini vestiti con altri manichini appiattiti su di loro. Guardano dall’alto, dominanti, anche inquietanti. In vetrinette ci sono fotografie, dettagli, teschi, guanti. Raccontano la creatività, il pensiero, l’improvvisazione, le tradizioni. In mezzo poltrone in pelliccia, squadrate, non accoglienti, più simili a elementi della natura che a qualcosa di costruito. In fondo un grande schermo con una sfilata che evoca un medioevo futuribile, meglio di Bladerunner. In un angolo due figure, in giubbotto nero ricamato sulla schiena e cuffie in testa, guardano un video. Installazione o visitatori? E’ la mostra Rick Owens Subhuman Inhuman Superhuman,fino al 25 marzo alla Triennale di Milano.
da statua greca,con capi in pelle effetto armatura, con mantelli medioevali. Oppure ancora manichini vestiti con altri manichini appiattiti su di loro. Guardano dall’alto, dominanti, anche inquietanti. In vetrinette ci sono fotografie, dettagli, teschi, guanti. Raccontano la creatività, il pensiero, l’improvvisazione, le tradizioni. In mezzo poltrone in pelliccia, squadrate, non accoglienti, più simili a elementi della natura che a qualcosa di costruito. In fondo un grande schermo con una sfilata che evoca un medioevo futuribile, meglio di Bladerunner. In un angolo due figure, in giubbotto nero ricamato sulla schiena e cuffie in testa, guardano un video. Installazione o visitatori? E’ la mostra Rick Owens Subhuman Inhuman Superhuman,fino al 25 marzo alla Triennale di Milano.
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