lunedì 30 gennaio 2017

I FAVOLOSI CINQUANTA


Da Alberto Arbasino a Tina Turner, dal medievalista Jacques Le Goff alla scrittrice indiana Anita Desai, da Kevin Kostner a Madre Teresa di Calcutta, dal Dalai Lama a Jack Nicholson, dal leader della resistenza tibetana Lhasang Tsering alla star del cinema cinese Gong Li, dalla scrittrice-viaggiatrice Freya Starck allo scrittore Premio Nobel turco Orhan Pamuk, dall’antropologo Claude Lévi-Strauss a Pedro Almodòvar. In tutto una cinquantina di persone.E Persone  s’intitola il libro che raccoglie le interviste fatte a loro da Pietro Tarallo, giornalista e scrittore, per quotidiani e periodici dal 1980 al 2014 (Il Canneto Editore).  Sistemate in ordine cronologico, a seconda dell’anno di realizzazione, ritraggono i personaggi nel momento della  massima celebrità. Non a caso molti dei registi e degli attori sono stati intervistati a festival del cinema o nel camerino del teatro dove recitavano, gli scrittori a premiazioni. Parlano di presente, di futuro, di passato. Ma le domande, e quindi le risposte, non seguono uno schema comune. Ogni intervista ha un suo filo conduttore che mette in risalto le caratteristiche del personaggio. Più che la celebrità emerge la persona, come giustamente dice il titolo. Sembra che si confidino con l’intervistatore. Di Francesca Neri Tarallo dice che è stata una seduta psicanalitica. Di altri, come Philippe Noiret, una chiacchierata tra amici, nella casa di campagna circondato dagli amati cavalli. L'autore non ha l’aggressività del conduttore televisivo, pronto a rubare la confidenza scoop, ma neanche la timidezza o la reverenza del neofita. Riesce a stabilire un contatto  alla pari, senza però togliere niente del carisma. Gli intervistati parlano dei progetti di lavoro, ma anche delle piccole cose che amano. Dell’impegno professionale, ma anche di quello che vogliono per i loro affetti. Le interviste si leggono con la curiosità e l’avidità di una  storia di cui si vuole sapere il finale. Di qualche personaggio capita di innamorarsi e di essere delusi nel doverlo lasciare, perché finiscono le pagine dedicate. E magari sono quelli che si vedevano come  inarrivabili, quasi respingenti, troppo  superiori alla gente comune. Alla fine del libro sembra di averli conosciuti, di aver parlato con loro, di aver riso o essersi commossi insieme. E questo grazie a un intervistatore che non prevarica, non toglie spazio, ma sceglie con attenzione domande e argomenti. Non per rivelare la sua capacità giornalistica, ma per prendere il più possibile dall’intervistato. 

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