A vederla così la prima cosa che si pensa è che il nome Tiffany non le si addice. Alta, grandi occhi neri, naso importante, non grassa ma robusta e muscolosa. Decisamente non la quintessenza della femminilità. Confermato anche da un modo di fare brusco, troppo lontano da qualsiasi anche piacevole smanceria. Non aggressiva, ma neanche particolarmente socievole. Sportiva quanto basta, ma con un rifiuto deciso per i giochi di squadra.
Un giorno mentre passeggia in un parco cittadino in compagnia di amici, di colpo si stacca dal gruppo e comincia a frugare in un cespuglio. Stana un cucciolo di cornacchia, chiaramente abbandonato dalla mamma, lo raccoglie con delicatezza, facendo grande attenzione a non ferirlo e lo porta in famiglia. Dove viene accolto e fatto vedere immediatamente dal veterinario, che dà le informazioni su come nutrirlo. Da quel momento è la rude Tiffany a occuparsene. Se lo tiene sempre accanto, tanto che il piccolo uccello comincia a riconoscerla come mamma. Non solo si lascia accarezzare e le sta vicino, ma scherza con lei, quando mangia le ruba il cibo, s’impossessa delle sue cose. E Tiffany rivela uno straordinario senso materno: paziente, attenta, affettuosa. La femminilità in persona, anzi in cane trattandosi di una rottweiler, un molossoide di circa 45 chili. La storia è vera.
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