Che dire di uno spettacolo in cui un attore da solo tiene il pubblico incollato alle sue parole per 70 minuti divertendo, sorprendendo, ma anche facendo pensare e ricordare. Senza interruzioni, pause, cadute di ritmo o di stile, banalità e simili. Il tutto evocando due mesi di lockdown. Questo è lo straordinario Panico ma rosa. Dal diario del tempo perduto, seconda puntata del Benvenuti al Menotti, dedicato ad Alessandro Benvenuti, appunto al Teatro Menotti di Milano, dal 29 aprile.
Solo sulla scena in panciotto damascato e giacca da casa in velluto rosso, Benvenuti racconta il diario di quei 59 giorni di lockdown. Dove sulle azioni prevalgono le riflessioni e soprattutto le corpose divagazioni. Non c’è una trama e l’unico filo conduttore è l’humour e l’ironia. Si passa dall’evocare il passato di chierichetto al rapporto con tortore, merli, piccioni e altri volatili, unici contatti di quel periodo. Nessuna musica fa da sottofondo alle sue parole, solo ogni tanto si avverte un rumore forte che potrebbe essere quello improvviso del traffico della strada che riprende o il cicaleccio degli appuntamenti condominiali al tramonto con cori. A questo proposito irresistibili i commenti sulla scelta di cantare Felicità. Strepitoso l’inizio con una dissertazione di almeno un quarto d’ora sui Trentatré trentini che entravano a Trento tutti e trentatré trotterellando. Dove si passa dalla psicologia al sociale, alla letteratura, dai luoghi comuni alle iperbole. Delizioso il ritratto dei vari cani e del modo di rapportarsi con l’esterno, anche loro, come gli umani, condizionati da un modo di vivere forzato. Panico ma rosa è in scena ancora questa sera e il 3 maggio. La foto di Carlotta Benvenuti evoca il lockdown, ma non è di scena.
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