Fotografie delle città in tempo di
Covid-19 ne sono state fatte moltissime. Sicuramente seguiranno per mesi, forse
anni, mostre sull’argomento. Con formule svariate. Quella di Daniele Camilli,
giornalista e fotografo, è particolare, e non solo per il singolare
allestimento ma per tutto il discorso che ci sta dietro. Le foto sono
diciassette di cui quattro in formato 12 metri x 3 e tredici in formato 6 metri x 3.
Da lunedì 6 fino al 20 luglio sono affisse sui cartelloni pubblicitari per le
vie del centro storico di Viterbo, nei parcheggi, lungo le mura. Non hanno un titolo, ma solo il numero del
cartellone pubblico e la via dove sono collocate. Sono ritratti, primi piani,
foto a figura intera di gente comune: badanti, braccianti, operai, sacerdoti,
migranti, rifugiati che abitano i quartieri popolari della città. Sono “uomini
e donne dimenticati, che hanno vissuto l’emergenza anche col problema della
sopravvivenza quotidiana e che più di tutti subiranno le conseguenze economiche
di quanto accaduto” scrive l’autore. Non sono immagini di dolore o di miseria,
ma raccontano di persone che durante la pandemia hanno continuato a riempire
gli spazi lasciati vuoti dagli altri, reclusi in casa. C’è l’uomo sulla porta di casa in attesa di qualcosa o
qualcuno, la donna anziana che si lega un foulard sul viso, uomini che
aspettano forse la chiamata a un lavoro,
profili con la mascherina. L’esposizione si chiama At Home perché il concetto
di casa è cambiato radicalmente e per questi soggetti in particolare. Il luogo
della memoria e del ricordo, secondo Camilli non è più la casa, dove fare
ritorno quotidianamente, ma nel periodo di Coronavirus il luogo del ricordo è
diventato il contesto urbano e sociale. La mostra è realizzata con il
patrocinio del Comune di Viterbo.
Bell'articolo che ho letto volentieri. Ale Fanelli
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