martedì 7 marzo 2017

PARIS-MANET


E’ un tale luogo comune ormai storcere il naso di fronte all’ennesima mostra di Impressionisti, che è diventato politically correct parlarne bene. L’atteggiamento critico dipende sicuramente da come queste vengono proposte. Quella di Palazzo Reale a Milano, da domani al 2 luglio, dedicata a Edouard Manet, al di là del valore indiscusso delle opere, riesce a coinvolgere, perché mette in luce il realismo e l’interesse per il momento storico di questa corrente 

artistica. Si intitola Manet e la Parigi moderna e attraverso i lavori del pittore e dei contemporanei rivela le trasformazioni avvenute nell’architettura,
nell’urbanistica, nel sociale. Come ha detto l’assessore alla cultura Filippo Del Corno,  svela il rapporto di Manet con i cambiamenti della città e quindi l’avvento di una nuova pittura. Erano gli anni dell’urbanistica di Haussmann, dell’Esposizione Universale e della Tour Eiffel, degli inizi della Ville Lumière e, come ha scritto nella presentazione Domenico Piraina direttore di Palazzo Reale, iniziava l’agonia della grande e grandiosa pittura di Delacroix. La mostra, promossa dal Comune di Milano e da Skira che ha realizzato il catalogo, è stata curata da Guy Cogeval ex presidente del Musée d’Orsay e dalle due curatrici del Musée, Caroline Mathieu e Isolde Pludermacher. Le opere, un centinaio circa, provengono dal museo parigino. Tra queste, sedici tra le più conosciute di Manet e quaranta dei maestri suoi coevi Boldini, Monet, Renoir, Gauguin e altri. Oltre a vari disegni, anche di Manet, e qualche scultura. Per meglio evidenziare il tema della mostra, le opere sono state suddivise in dieci sezioni, corrispondenti ad altrettante sale. Dai ritratti  della cerchia di amici dell’artista, da Baudelaire a Emile Zola(in basso a sinistra), ai quadri che parlano della città moderna. Dalle nature morte ai paesaggi fluviali. Dalle tele dedicate alla Parigi della rinata vita borghese con locali e personaggi a quelle sul teatro dell’Opéra, simbolo del nuovo mondo.  Una sezione L’heure espagnole esce dal contesto e racconta il primo decennio del percorso artistico di Manet e la sua fascinazione per i grandi maestri del passato, soprattutto Velasquez, di cui Il pifferaio, riprodotto sulla locandina della mostra, e il Combattimento di tori (in alto a sinistra) sono la testimonianza più emblematica. E infine la Parigi dei balli e delle feste con le donne protagoniste in abiti sfarzosi, seguita da una Parigi del mistero e più intima, con figure femminili in nero, dallo sguardo magnetico, come  Berthe Morisot con un mazzo di violette (al centro destra).

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