lunedì 27 giugno 2016

SUQ SEMPRE PIU' SUQ


E’ finito ieri il Suq Festival di Genova alla sua diciottesima edizione. Come sempre un grande successo. Tutto si è svolto a Porto Antico in Piazza delle Feste e al Museo Luzzati, nei vicoli che salgono verso palazzo Ducale e la cattedrale di San Lorenzo. E per i non genovesi è stato un modo per conoscere luoghi davvero speciali. Come la chiesa di San Pietro in Banchi(foto in alto), in piazza Banchi, dove è andato in scena Hagar la schiava in prima nazionale sabato sera, replicato domenica pomeriggio. L’autore è Adonis, poeta e saggista siriano, candidato per il premio Nobel per la letteratura. L’adattamento scenico e la regia sono di Giuseppe Conte. Due gli attori, Enrico Campanati  narratore emozionante  e  Carla Peirolero, creatrice e direttore artistico del Festival, convincente nei panni della schiava. Con l’accompagnamento musicale  di Elias Nardi ed Edmondo Romano. La pièce racconta gli inizi di quella guerra senza fine, nata proprio dai due figli, l’ebreo Isacco e l’arabo Ismaele, concepiti da due donne, la moglie Sara e la concubina Harar,  con lo stesso uomo, Abramo. Con una possibile lettura contemporanea sul tema del corpo prestato e dell’utero in affitto. Davvero straordinaria la scenografia con una rete appesa al soffitto che lasciava però intravvedere il pregevole interno della chiesa del 16° secolo(foto in basso). Uscendo, era impossibile non notare la seicentesca Loggia di Banchi con le grandi vetrate, dove  si è tenuta la mostra su Gilberto Govi, fondatore del teatro dialettale genovese, che probabilmente sarà prorogata ad agosto. Tra le attrazioni del festival  oltre gli incontri e  gli spettacoli,  centrati sul tema dei dialoghi tra differenti culture, il bazar con 40 botteghe di artigianato da tutto il mondo e gli workshop di cucina  con la possibilità  di  assaggiare i piatti  di una quindicina di Paesi.

1 commento:

  1. Lo spettacolo proposto dal Suq Festival in questa 18° edizione è di un notevole valore artistico e letterario. Grazie anche al testo del poeta siriano Adonis.

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