Colpisce il ritmo in Annabel. Ballata anoressica per manichini bulli. Veloce ma non incalzante.
Coinvolgente ma non inutilmente soffocante. Forte ma non opprimente. Fa entrare
nella storia, ma dà la possibilità di esserne osservatore obiettivo. L’autrice
della pièce, Michela Giudici, che è anche la regista con Alessandro Veronese e l’unica
interprete, si è ispirata a una storia vera. Uno dei tanti casi di adolescenti
vittime del bullismo. In scena solo un baule, che si scopre in seguito pieno di
parrucche colorate. Si sentono voci di ragazzi e ragazze che ripetono insulti
pesanti. Poi entra lei, Annabel, la troppo grassa, la troppo rossa, la sfigata. Incomincia il suo monologo, a
parole e con il corpo. Fra fuga della realtà e voglia di rientrarci. Fra
frenetici esercizi di addominali e ricordi d’infanzia. Fra desiderio di lasciarsi andare e paura di
vivere. Fra buffo filosofare da
quindicenne e cinica visione del mondo, di chi non crede più in niente. Fra
esigenza di stare sola e ricerca di gratificazioni e sicurezze dagli altri. Un
passaggio adolescenziale che per la protagonista è un tunnel da cui non è
sicura di uscire. Intorno, il pubblico è seduto per terra o su sedie e lei lo
spinge a dialogare. A rispondere alle sue domande, a leggere i suoi bigliettini,
per avere forse approvazione e interesse. In un gioco che gioco non è affatto.
Nessun invito a trarre conclusioni, nessun presuntuoso messaggio e soprattutto
nessun uso di effetti facili. Ma grande rigore. Ieri, oggi, domani, Spazio DiLà Via Romilli 15 Milano.
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