mercoledì 2 marzo 2016

COLPI DI SCENA


Se qualcuno pensa che i classici a teatro non catturino più l’attenzione si ricrederà guardando Mastro Don Gesualdo prodotto da Associazione Culturale ABC di Catania. Sono 120 minuti in cui è impossibile distrarsi. Si inizia con una scena volutamente spoglia dove Gesualdo Motta, alla fine dei suoi giorni, seduto su un letto unico arredo, ripensa alla sua vita. Sufficiente per inquadrare il personaggio, i modi grezzi che raccontano le origini modeste, i sacrifici per diventare un ricco proprietario terriero da umile muratore, il disprezzo e l’odio di quelli intorno a lui, moglie e figlia comprese. Poi i flash back prendono forma. Ecco un incendio, reso magnificamente in uno schermo sul fondale, che 

successivamente diventa  esterno della casa in diverse fasi del giorno, studio di un notaio con scaffali zeppi di faldoni, poi giardino e infine  camera della moglie morente. Sul palcoscenico il letto del protagonista è sempre presente, in parallelo con l’immagine di fondo e con le fasi del dramma si aggiungono  sedie da giardino,  scrivania e  poltrone di uno studio legale, un letto di ferro con una madonna che lo sovrasta. Ogni volta si è di fronte a un quadro, che si anima con il racconto delle passioni umane, delle debolezze, dei rimpianti, delle speranze, delle aspirazioni nascoste. Nell’ottima regia di Guglielmo Ferro, figlio del grande Turi, interprete  di un memorabile Mastro Don Gesualdo del 1967, non c’è nessuna volontà di attualizzare il dramma. Per quanto i sentimenti siano gli stessi nel tempo, la vicenda è legata a un’epoca.  La figura del nobile amato e rispettato anche se incapace , disonesto, superbo non esiste più, come nemmeno il nuovo ricco disprezzato e sfruttato. Ottima la recitazione di tutti, in  particolare di Enrico Guarneri, nella parte del protagonista, che alterna l’italiano con il siciliano. I costumi, fedeli ai tempi, contribuiscono al fascino delle scene. Lo spettacolo è in tournée dal 25 febbraio al 5 marzo al Teatro Menotti di Milano.   

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