Una signora in abito da cocktail
distribuisce santini elettorali con
scritto Vota Capuleti. Uomini corrono
tra le poltrone gridando “Giulietta!”.
Uno strano personaggio con gonna lunga e voce maschile, che poi si scopre
essere la balia di Giulietta, si fa aiutare da due signori in platea a reggere una corda per stendere il bucato.
Sul palcoscenico spiccano impalcature illuminate, da festa paesana. Così inizia Giulietta e Romeo, una coproduzione Factory, Terramare Teatro, Teatri Abitati, con la regia di Tonio De Nitto. La
messinscena, di grande impatto, lascia pensare a uno stravolgimento della
tragedia di Shakespeare. In realtà non è
così o per lo meno non come ci si immagina. La chiave pop salta agli occhi e
gli attori vestono abiti contemporanei, ma la traduzione di Francesco Niccolini mantenendo il testo in rima riesce a essere più
aderente all’originale. Pur introducendo espressioni adatte ai tempi, specie per quel che riguarda
il dialogo amoroso dei protagonisti. Romeo ogni tanto ha una cuffia in testa,
ma è solo un espediente per variare il volume della musica (Samba, cover dei Beatles,
ecc.) quando la toglie. I sette attori, tutti bravissimi, recitano anche due
ruoli, esclusi Giulietta e Romeo. E' un modo per insistere più che sui personaggi, anche se ben
delineati, sul discorso generazionale.
Ed è proprio il contrasto evidenziato tra genitori e figli, con tutto quello
che ne deriva, a rendere attuale il dramma.
Romeo
e Giulietta, al Teatro Menotti di Milano fino al 20 marzo, concluderà la
tournée a Pordenone il 22 e 23 marzo.
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