venerdì 24 ottobre 2014

ADDIO ALLA FIRMA


Che la firma nella moda abbia perso quasi completamente il suo appeal è risaputo. Si assiste a un fenomeno  esatto contrario di quello che aveva portato alla dittatura della firma. Agli inizi del prêt-à-porter, era  qualcosa che si conquistava con la creatività e la qualità tanto che  acquistando un capo con quella certa firma si aveva la garanzia  del suo valore.  Poi la firma ha incominciato a prendere spazio, è stata esibita, esaltata, fino a diventare elemento decorativo e perfino  la motivazione principale all’acquisto.  Si comprava un certo capo o un certo accessorio non perché era ben fatto, donante, esteticamente attraente, ma perché aveva quella data firma. Da qualche anno si sta assistendo più che a una marcia in dietro, a un percorso contrario.  I marchi  vogliono farsi notare, e quindi farsi comprare, per la creatività e la qualità, che significa realizzazione accurata con  materiali selezionati. E su questi, soprattutto, si gioca la partita più interessante. Non ci si limita a cercare l’eccellenza, ma si punta alle lavorazioni particolari. Che presuppongono alta artigianalità, ma anche inventiva. Per reazione all’ esibito chiassoso del passato si insegue il raffinato da scoprire. Non per un giochetto fine a se stesso, ma per  l’ estetica e il confort. C’è chi propone, e sono molti, il denim in filati preziosi o il jeans con rifiniture  da sartoria, la camicia da lavoro ma in seta. Ci sono addirittura brand come  Distante Cashmere (v.foto), dell’azienda fiorentina Marielle, che hanno esordito con  questi presupposti. Ed ecco in prezioso cashmere la tipica felpa con cappuccio e zip o l’abito tunica ideale per un cocoon chic o, veri virtuosismi, la giacca  effetto neoprene o lo spolverino che sembra una pelliccia e non solo perché è caldissimo.  

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