venerdì 24 gennaio 2014

SFILATE DEFILATE SFILACCIATE


Per dirla con approccio alla Catalano(solo chi ha vissuto “Quelli della notte” può capire) è meglio  una sfilata con bellissimi capi, modelle stupende e styling eccezionale o una  sfilata con capi bruttini, modelle discutibili e styling raffazzonato?  Perché, per continuare nel paradosso, non è solo l’abito che fa il monaco.  
Se gli abiti sono così così, è vero che una passerella con modelle che si muovono in modo armonico  e uno styling azzeccato e innovativo, può  valorizzarli   . Ma è anche vero che  capi in tessuti particolarissimi, magari inediti, elaborati e raffinati, sono difficili da individuare sulla passerella, mentre una presentazione, in cui si possa se non toccare almeno guardare da vicino il prodotto,  rende merito  alla qualità. D’altra parte un abito o un  capo in genere non si apprezza  solo per il tessuto. Si deve vederne il taglio e soprattutto la vestibilità, che su un manichino immobile non si riesce a cogliere.   Se si aggiunge   che una sfilata si basa su luci, regia, coreografia, musica, alle volte scenografia, il limite con lo spettacolo è minimo.   E se poi la si correda di un parterre di vip o semivip sicuramente dà adito a commenti  molto di più di una presentazione statica.  Allora qual è il modo più giusto  per valorizzare una collezione di moda?
Sono pensieri e riflessioni  che in genere capitano quando si assiste a una sfilata  in cui la forma (cioè scenografia-coreografia, modelle e styling) non è buona e i capi mediocri, tendenti al brutto. E in questo contesto anche il raro abito di buon taglio si perde come una goccia d’acqua nelle cascate del Niagara. O per continuare nel festival delle banalità, restando in tema   sartoriale, come un ago in un pagliaio.   

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