mercoledì 18 dicembre 2013

PER RICORDARE

 Enrico Baj "I funerali dell'anarchico Pinelli"

E’ stato presentato ieri nella Sala del Grechetto di Palazzo Sormani a Milano. Realizzato dal fotografo-giornalista Alberto Roveri il video-documento “Pino Pinelli”  è uno degli eventi, sempre troppo pochi, per ricordare la morte “non accidentale” dell’anarchico, dopo 44 anni. In parte è in forma di intervista alla moglie Licia e alle figlie Silvia e Claudia, quest’ultima presente ieri. In parte è un susseguirsi di flash che raccontano le manifestazioni e i cortei di quegli anni, i visi e gli scritti di chi c’era, la disgustosa conferenza stampa del questore Guida con l’orribile menzogna del suicidio. C’è la scena ricostruita dello scoppio della bomba di Piazza Fontana dal film “Romanzo di una strage”, concessa  dal regista Marco Tullio Giordana e le riprese, tratte dai telegiornali, del funerale delle vittime della strage della banca e di quello di Pinelli 18esima vittima. Ci sono le foto dell’anarchico-ferroviere con la moglie al matrimonio, nella vita normale , con le bambine.  Ma niente è concesso alla retorica. Niente sbavature o quadretti famigliari alla Mulino Bianco. Solo immagini strumentali per inquadrare il personaggio, non per  conquistare la lacrima del pubblico. Come ha detto Piero Scaramucci, il primo ad avere intervistato la vedova Pinelli, il video superando quella tendenza diffusa di “costruire icone e santini”, presenta Pinelli “non come un emblema ma come una persona”.  Licia, Silvia e Claudia parlano sempre una  per volta, riportano testimonianze, ricordano, esprimono pareri in modo pacato, con la fermezza e il rigore di chi vuole informare, far sapere,  non portare alla commozione fine a se stessa.  Ma non è una narrazione distaccata che potrebbe essere determinata dai molti anni trascorsi, per le figlie quasi una vita intera. No,nel racconto  quei momenti rivivono in tutta l’intensità. Le  bugie pubbliche, le insinuazioni del potere provocano stupore, indignazione, sconvolgono  come fossero appena state dette. Il racconto invece del calore degli amici rende partecipi.  Quando la narrazione sembra diventare più intensa,   si interrompe,  per evitare l’effetto facile della  drammaticità.  E poi riprende. E lo stacco aiuta  a mettere a fuoco meglio quanto si dice, a fissarlo nella mente, a collocarlo come un altro tassello. Per inquadrare in modo sempre più chiaro la terribile ingiustizia che non si può e  non si deve dimenticare. E’ sperabile che questo video-documento non si fermi a Milano e alle  commemorazioni di Piazza Fontana, ma vada in giro e sia visto da più gente possibile.     

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