lunedì 14 ottobre 2019

DOV'E' FINITO IL TOPORAGNO?


Collezione è una parola con più significati. Dal più immediato che rimanda alle raccolte d’arte fino a quello che identifica l’abitudine di raccogliere e conservare svariati oggetti. Dai più strani, spesso senza valore, a quelli con un valore affettivo e sentimentale. E poi c’è la Wunderkammer, che con il riferimento alle meraviglie autorizza la raccolta di un’infinità di oggetti, in genere preziosi per rarità, più che per valore intrinseco. La si lega al passato e non ha mai dimensioni vaste, riesce a radunare reperti con un collegamento sempre un po’ rigido. Quello che c’è di straordinario nella mostra Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori, fino al 13 gennaio alla Fondazione Prada di Milano, a parte le dimensioni, è l’ecclettismo con cui sono stati scelti gli oggetti, tutti provenienti dal Kunsthistoriches Museum di Vienna. Un criterio che è espressione di massima creatività. Non a caso chi ha raccolto i 537 pezzi è il regista Wes Anderson, che alla Fondazione ha progettato anche il Bar Luce, e la sua compagna Juman Malouf. E’ la prima volta che questi tesori, che sono una minima parte di quello che si può vedere nel museo viennese, escono dall’Austria. Il titolo promette sorprese, che si rivelano poi tali. Il sarcofago egizio in legno che, dicono, contenga un toporagno è del IV secolo avanti Cristo e quanto ai tesori i ritratti firmati Cranach Il Vecchio, Rubens e Tiziano, possono meritatamente avere questa denominazione. Anche se non sono quelli che attraggono di più, perché superati dai ritratti della famigliola irsuta, mamma, papà e due bambini. Preziosi catafalchi con mummia, ovviamente egiziani, si alternano a busti in marmo  come quello seicentesco dell’Imperatore Leopoldo I°, opera di Paul Strudel uno dei maggiori esponenti del barocco austriaco(foto in basso). O a oggetti di uso quotidiano, anche se non comuni. Così in una parete sono appesi la custodia, in pelle e lana ricamata, della corona di Rodolfo II e un porta-scettro in pelle e legno. Vicino coltelli del 1400, il modellino di una scenografia teatrale per il Faust dei primi del 1900, una scatola con piume di struzzo per abiti di corte (ovviamente austriaca) del 1816 e una pistola dell’armeria imperiale del 1891 (foto in alto). Curiosa la gonnellina in piume di pappagallo e di cicogna portata dall’Amazzonia nel 1870. Più recente, comunque anteriore al 1959, il kit del clown o l’abito di scena per il dramma Hedda Gabler di Ibsen, rappresentato a Vienna nel 1978. Rigoroso, eppure quanto mai d’atmosfera, l’allestimento con teche di vetro, scomparti, pareti di diversi colori, luci ben studiate. Perfette per illuminare i pezzi, creando un alone di mistero, ma forse troppo deboli per leggere le esaustive didascalie sulla piccola guida da ritirare all’ingresso.(Le foto sono di Giovanna Dal Magro)  

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