“Il ruolo del docente è individuare la prima domanda, continua Terminiello, perché dall’ascolto del gruppo emergono altre domande e soprattutto approfondimenti”. I gruppi sono misti, con interventi di persone di differenti esperienze, età, eccetera. Dal fisico allo scolaro. Nascono così linguaggi svariati che si contaminano tra loro. “E’ straordinario come bambini di neanche sei anni riescano a creare connessioni originali. Proprio perché partono da punti di vista diversi dagli adulti. Non chiediamo mai il perché delle loro scelte, ma piuttosto il perché delle opzioni scartate”. Nasce così una socialità nel gruppo, perché con la maieutica s’impara a valutare gli altri e i loro talenti. La matematica in questo modo diventa sperimentazione, è legata al gioco, al movimento del corpo, alla natura.
Non è più quell'entità astratta e intimidente, con regole fisse impossibili da cambiare. Sulle quali è inutile discutere o confrontarsi. Ma utilizza il linguaggio delle emozioni. Diventa un modo per collegare il cervello all’apprendimento. “Che la matematica sia legata all’emozione lo racconta il fatto che i grandi matematici erano asiatici, per cui il numero aveva un significato particolare, le formule un valore formale e anche estetico”. La matematica è così gioco e creatività. Sorge spontanea una domanda, prammatica e forse troppo pratica: Come è possibile valutare il lavoro di un alunno? La risposta di Federica Terminiello è chiara, illuminante. Utilizza le parole del mitico maestro Alberto Manzi di Non è mai troppo tardi “Il bambino fa quel che può, quel che non può, non fa”.
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