La fotografia di nudo è un campo piuttosto frequentato, ma con forti
problematiche. Se poi ci si dedica in un paese come la Cina, dove il
nudo nell’arte non è mai esistito, le difficoltà si moltiplicano. Ma non è per
questo che la mostra di Ren Hang ha rilevanza, anche se è giusto tenerne conto.
Inaugurata oggi al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, Ren Hang.Nudi è una delle prime aperte
in Italia dopo il lockdown. Ed è
anche il primo passo di un progetto sugli artisti della Generazione Next in
Cina, programmato per il 2020. Significativo per il museo di Prato che conta la
comunità cinese più grande d’Europa. Se poi si considera che un altro obiettivo
è la fotografia come linguaggio, la scelta di Ren Hang è perfetta. E’ terribile
guardando il suo lavoro pensare che l’artista si sia suicidato tre anni fa non
ancora trentenne. Certo la sua carriera artistica non è stata facile,
proponendo il nudo in un Paese che nell’arte non l’ha mai contemplato. Neppure
nel contemporaneo e non per la rivoluzione, ma per radici filosofiche che
rendono impossibile comprendere l’uomo distaccato dalla natura nella sua
nudità. Comunque i riconoscimenti del suo talento erano arrivati con Ai Weiwei
che l’aveva voluto nella collettiva al Groninger Museum in Olanda nel 2013. Per
Ren Hang la nudità è una condizione naturale, tanto è vero che preferisce come
modelli gli amici con cui ha un’intimità e sono più spontanei. Le novanta foto
non hanno titolo, né data, non seguono un percorso cronologico, “ma fluido dove
si intuisce l’intreccio dei filoni di ricerca” ha spiegato la curatrice della
mostra Cristiana Perrella. Il corpo è visto come materiale scultoreo, con i
suoi volumi, spesso le posizioni sono forzate, non c’è interesse per la sensualità,
uomini e donne sono indistinguibili. “Il genere m’interessa solo quando faccio
sesso” diceva Ren Hang. Fondamentale anche il rapporto con la natura,
specie nella serie realizzata nella
foresta vicino a Vienna, di cui sono in mostra anche le immagini del backstage. Il corpo diventa paesaggio,
oppure viene messa in evidenza la sua fragilità di fronte al crescere della
città inquinata e disumana, come nella foto del bacio scattata su un
grattacielo di Pechino. Non mancano elementi feticistici o con riferimenti a
pratiche sadomaso, visti con uno sguardo freddo, distaccato. Alle volte ironico
e malinconico, come le sue poesie che compaiono accanto alle foto. Il modo di
guardare non è mai consueto e scontato, come nella foto del manifesto della
mostra dove il cigno è un animale selvatico e sgradevole, lontano dallo
stereotipato simbolo di bellezza. Per Ren Hang lo scatto era tutto. Usava una
camera semplice e non dava importanza né al set né alla postproduzione. La
mostra chiude il 23 agosto, l’ingresso è gratuito fino al 31 luglio. Per
info: www.centropecci.it
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