Si
riparla di Giappone, dopo anni di distrazione sull’argomento forse conseguenza
di una saturazione nipponica. Quando Banana Yoshimoto era lo scrittore cult, i
manga l’espressione culturale più interessante, le migliori architetture o
erano nel Paese del sol Levante o erano nel resto del mondo, firmate da
progettisti del Sol Levante. La tecnologia più avanzata arrivava da lì, tatami
e futon erano la quintessenza
dell’arredo creativo-intelligente e i corsi di origami erano più frequentati di
quelli di inglese. Solo sushi e sashimi hanno continuato imperterriti la
loro azione di conquista, sgominando tortilla e involtini primavera e
arrivando a dei corpo a corpo addirittura con la pizza. Nella moda dopo un periodo in cui il verbo giungeva dal
Giappone e uno successivo in cui la sua azione di faro era sempre più flebile, se ne ritorna a parlare. Anzi a prenderne spunti. Così Armani per l’ uomo della prossima estate si ispira
alle loro stampe dei tessuti e a certe forme, senza mai cadere nell’etnico. Anche
da Louis Vuitton Nicolas Ghesquière guarda con insistenza al Paese del Sol Levante e non solo per tagli e dettagli. Ha
infatti ambientato la sfilata della collezione Crociera, nei negozi a novembre, nel Miho Museum di Koga a sud di Kyoto, imponente opera
di Ieog Ming Pei in mezzo al verde (v.foto). Sulla straordinaria passerella, in uno
scenario surreale fra ponti e gallerie, molti gli stampati di gusto giapponese,
ma anche gilet simili ai corpetti da guerriero.
Grande uso del patchwork con
tessuto e pelle negli abiti, nei cappotti, nelle giacche. Negli accessori forti
citazioni dello stile, dei colori, delle forme tipici dei fumetti manga.
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