giovedì 13 luglio 2017

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Si riparla di Giappone, dopo anni di distrazione sull’argomento forse conseguenza di una saturazione nipponica. Quando Banana Yoshimoto era lo scrittore cult, i manga l’espressione culturale più interessante, le migliori architetture o erano nel Paese del sol Levante o erano nel resto del mondo, firmate da progettisti del Sol Levante. La tecnologia più avanzata arrivava da lì,  tatami e futon erano la quintessenza dell’arredo creativo-intelligente e i corsi di origami erano più frequentati di quelli di inglese. Solo sushi e sashimi hanno continuato imperterriti la loro azione di conquista, sgominando tortilla e involtini primavera e arrivando a dei corpo a corpo addirittura con la pizza. Nella moda dopo  un periodo in cui il verbo giungeva dal Giappone e uno successivo in cui la sua  azione di faro era  sempre più flebile, se ne ritorna  a parlare. Anzi a prenderne spunti.  Così Armani  per l’ uomo della prossima estate si ispira alle loro stampe dei tessuti e a certe forme, senza mai cadere nell’etnico. Anche da Louis Vuitton Nicolas Ghesquière guarda con insistenza al Paese del Sol Levante e non solo per tagli e dettagli. Ha infatti ambientato la sfilata della collezione Crociera,  nei negozi a novembre, nel Miho  Museum di Koga a sud di Kyoto, imponente opera di Ieog Ming Pei in mezzo al verde (v.foto). Sulla straordinaria passerella, in uno scenario surreale fra ponti e gallerie, molti gli stampati di gusto giapponese, ma anche gilet simili ai corpetti da guerriero.  Grande uso del patchwork  con tessuto e pelle negli abiti, nei cappotti, nelle giacche. Negli accessori forti citazioni dello stile, dei colori, delle forme tipici dei fumetti manga.

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