Le mostre di pittura contemporanea sono sempre più rare. Se ne vedono alcune di disegni, altre di schizzi, ma sono la fotografia e soprattutto i video, le installazioni e le performance a dominare il panorama artistico. Normale evoluzione? O forse il linguaggio “pittorico” non soddisfa più la creatività dell’artista? E così quando si sente o si legge di una mostra di pittura, si è stupiti e curiosi. La curiosità può essere pienamente soddisfatta nel caso della personale di Milan Goldschmiedt, alla Galleria Cappelletti di Milano, dal 10 al 24 novembre. E non solo perché l’ artista, scomparso nel 2010, ha un indiscusso talento, come confermano le molte esposizioni personali e collettive a cui ha partecipato. Quanto perché ha una pittura molto personale, non riconducibile a nessun genere. Per quanto sia ricca di volute citazioni-omaggio a grandi maestri del passato. Da Paolo Uccello a Caravaggio, da Durer a Renoir, a Picasso. E questa originalità probabilmente è il frutto di un percorso artistico singolare, non consueto. Classe 1931, Goldschmiedt inizia a lavorare come illustratore e disegnatore di fumetti a Zagabria, sua città natale.Collabora con le sue caricature a un settimanale umoristico e con un gruppo di artisti crea la Duga film, che diventerà un’importante scuola di film d’animazione. Nel 1952 arriva in Italia, a Milano, dove lavora come grafico pubblicitario e art director. Crea e pubblica una delle prime riviste audiovisive. Al culmine della carriera nel 1974 lascia la grafica e l'illustrazione per dedicarsi alla pittura. Il suo tratto è decisamente all’avanguardia. Tra i soggetti scelti molti gli animali, i cavalli in particolare, spesso "antropomorfizzati", interpretati cioè con connotazioni umane. Come la serie Hippoteticamente. Ai colori forti e violenti si alternano tinte più cupe. Ma è sempre il movimento a dare una sorprendente vivacità all’insieme. Le opere di Goldschmiedt vanno osservate attentamente, quasi lette. Rimandano e rievocano sogni, pensieri, visioni. Ma non sono mai inquietanti, perché tutto è filtrato da un forte sense of humour.
venerdì 2 novembre 2012
HUMOUR SU TELA
Le mostre di pittura contemporanea sono sempre più rare. Se ne vedono alcune di disegni, altre di schizzi, ma sono la fotografia e soprattutto i video, le installazioni e le performance a dominare il panorama artistico. Normale evoluzione? O forse il linguaggio “pittorico” non soddisfa più la creatività dell’artista? E così quando si sente o si legge di una mostra di pittura, si è stupiti e curiosi. La curiosità può essere pienamente soddisfatta nel caso della personale di Milan Goldschmiedt, alla Galleria Cappelletti di Milano, dal 10 al 24 novembre. E non solo perché l’ artista, scomparso nel 2010, ha un indiscusso talento, come confermano le molte esposizioni personali e collettive a cui ha partecipato. Quanto perché ha una pittura molto personale, non riconducibile a nessun genere. Per quanto sia ricca di volute citazioni-omaggio a grandi maestri del passato. Da Paolo Uccello a Caravaggio, da Durer a Renoir, a Picasso. E questa originalità probabilmente è il frutto di un percorso artistico singolare, non consueto. Classe 1931, Goldschmiedt inizia a lavorare come illustratore e disegnatore di fumetti a Zagabria, sua città natale.Collabora con le sue caricature a un settimanale umoristico e con un gruppo di artisti crea la Duga film, che diventerà un’importante scuola di film d’animazione. Nel 1952 arriva in Italia, a Milano, dove lavora come grafico pubblicitario e art director. Crea e pubblica una delle prime riviste audiovisive. Al culmine della carriera nel 1974 lascia la grafica e l'illustrazione per dedicarsi alla pittura. Il suo tratto è decisamente all’avanguardia. Tra i soggetti scelti molti gli animali, i cavalli in particolare, spesso "antropomorfizzati", interpretati cioè con connotazioni umane. Come la serie Hippoteticamente. Ai colori forti e violenti si alternano tinte più cupe. Ma è sempre il movimento a dare una sorprendente vivacità all’insieme. Le opere di Goldschmiedt vanno osservate attentamente, quasi lette. Rimandano e rievocano sogni, pensieri, visioni. Ma non sono mai inquietanti, perché tutto è filtrato da un forte sense of humour.
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