Il
boom del rosa data agli anni Cinquanta. 0sé per l’epoca, poi degenerato nel
kitsch da manuale. L’ultimo sprazzo chic il tailleur Chanel di Jackie in quel
triste giorno a Dallas nel 1963. Intollerato dal design e dal minimalismo, il
rosa rimane nella casa della Barbie e
di qualche suo clone nipponico .Sparito perfino dal guardaroba delle
neonate. Con l’eccezione di
completini augurali regalati alla coppia con figli maschi, desiderosi
della femmina. Ormai
introvabile in qualsiasi tirella colori, dall’arredamento all’abbigliamento,
dalle pareti alle auto, il rosa ricompare sui cashmerini a V degli yuppies,
sdoganato completamente dalla sua connotazione “femminile” deteriore. E diventa un colore
con la sua dignità, non più una caricatura. Nessuna donna si sente sminuita da sentire parlare di quote
rosa in Parlamento. Piacciono le righe rosa a indicare i parcheggi riservati al
gentil sesso, nei punti meno a rischio
malintenzionati dei mega-autosilo. Portare occhiali rosa non è più da
bamboletta sciocca. Il rosa, anzi il pink, può essere punk, ci dice con la sua
musica la rocker canadese Avril Lavigne. Lo champagne trendy è rosé . Si chiama
La Perla in Rosa la nuova fragranza con rosa, ciclamino, violetta ma anche il
tocco malizioso del pepe rosa. Dedicato a un pubblico
giovane è all’opposto dei profumi
da scia, border line del buon
gusto. Il tappo del flacone è rosa perla citazione
della lingerie. E quel rosa fra il cipria e il perla nel mondo della
sposa soppianta l’avorio. Da Antonio Riva, stilista preferito dalle giapponesi (ora al debutto con una
piccola e sofisticata collezione da cocktail e dintorni), colora il 30 per
cento degli abiti ed è l’unica alternativa ai bianchi.
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