S’intitola solo Lucrezia preceduto da Shakespeare 2.0 lo spettacolo, in scena soltanto ieri, al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano. S’ispira al poema Lo stupro di Lucrezia, scritto dal grande drammaturgo nel 1594 per il duca di Southampton e ispirato a sua volta alla figura di Lucrezia, vissuta alla fine del VI secolo AC e moglie di Collatino, parente dell’ultimo Re di Roma. Nessuna scenografia e nessuna azione. Sul palcoscenico due attori con i loro leggii da voci recitanti. Sono i bravissimi Claudio Santamaria e Francesca Barra (nella foto) che si alternano nella lettura, con intervalli di musiche da Bach a Paganini, a Piazzolla dello straordinario violino di Davide Alogna.
Santamaria espone i fatti e cioè l’atroce stupro della nobile Lucrezia, moglie virtuosa, perpetrato con subdoli raggiri da Sesto Tarquinio, figlio di quel Tarquinio il Superbo, ultimo re di Roma. Una violenza che porterà la donna al suicidio. In risalto il machismo più bieco, la voglia di provare il proprio potere di maschio, ancora più di soddisfazione perché su una donna bella e fedele al marito. Barra interviene con considerazioni, osservazioni e commenti che riportano sempre di più all’attualità e al quotidiano. Fino ad arrivare a ricordare episodi di femminicidio e di violenza nei confronti delle donne, apparsi sulle cronache. Nell’insieme un racconto senza retorica, equilibrato, alle volte perfino freddo e proprio per questo capace di colpire maggiormente al cuore. E a far riflettere e pensare all’ orribile fenomeno della sopraffazione sulle donne, che nei secoli continua a esistere.
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