Si è fortunati ad andarci in un giorno di cielo blu
con nuvolette da cartolina(cielo di Lombardia bello quando è bello, come
scriveva un certo Alessandro M.). Ma anche con pioggia e/o cielo grigio e un
minimo di visibilità, la Torre Prada vale la visita. E questo indipendentemente dalla collezione
permanente. Solo l’edificio che, come hanno detto tutti, dialoga con la Torre
Velasca, è davvero straordinario. Quanto promette all’esterno mantiene negli
interni. Dai pavimenti alle scale, dal rivestimento in marmo del cosiddetto
ascensore dei vip, a quei pannelli orsogrill
con sfondo rosa a ogni pianerottolo ( in basso a destra) fino alle straordinarie vetrate a
tutta
altezza dell’ultimo piano. E poi naturalmente il bar e il ristorante con gli
arredi originali del Four Seasons di New York, progettati da Philip Johnson e
le pareti tappezzate di piatti dipinti ad hoc da vari artisti. Un’architettura
di forte impatto capace di imporsi, senza minimamente sovrastare né oscurare le
opere. Tutte bisognose di spazio. Dai fantasiosi racconti in scatola di Damien
Hirst (in basso a sinistra)all’installazione pelosa o le vasche d’acqua di Pino Pascali (in alto a sinistra). Dagli enormi tulipani di Jeff Koons, ai
lavori di Carla Accardi, Mona Hatoum, William N.Copley. Dalle automobili di Edward
Kienholz all’inquietante corridoio buio
che, come in una fiaba horror, si apre sulla Mushroom Room con le gigantesche
amaniti falloidi di Carsten Holler. Le sorprese non mancano e comunque
la vista di una parte di quella Milano dello scalo ferroviario, ormai
utilizzato solo per due rotaie, ha un fascino che non lascia indifferenti.
Da vedere fra le mostre temporanee, fino a ottobre,
la quarta puntata di Slight Agitation alla Cisterna, con le opere di Laura Lima,
tra cui il sorprendente Uccello
creato in collaborazione con Zé Carlos Garcia. E al Podium la rassegna di John
Bock The next quasi-Complex, fino a
fine settembre.
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