venerdì 16 maggio 2014

COS'E' CAMP?

 Miroslava Duma  per Roger Vivier

Mentre la parola kitsch ormai è entrata nel linguaggio comune anzi è usata a sproposito, abusata, il termine, sempre inglese, camp è pressoché sconosciuto ai più. Dopo rare e fugaci apparizioni nei Settanta  ora lo si legge solo in qualche dotto saggio. Eppure ha un significato preciso che potrebbe  essere di grande aiuto nelle definizioni. Perché individua un certo cattivo gusto, voluto, consapevole. Rappresenta il lato positivo del kitsch. Quel superamento del limite del buon gusto che confina con il raffinato, il sofisticato, l’esteticamente valido. Difficile coglierlo negli arredi, nel modo di vestire, più facile riscontrarlo nell’arte. Secondo Susan Sontag, che sul tema ha scritto parecchio, presuppone sensibilità. “Il gusto camp è soprattutto un modo  di godere delle cose, di apprezzarle, non di giudicarle” scrive Gillo Dorfles.  Entro certi confini, superati i quali “il troppo gustoso si trasforma in disgustoso”.
Sicuramente il camp può essere relativo, ma  fino a un certo punto.Esistono dei casi di camp riconosciuto, alcune composizioni musicali di Strauss, determinati scritti di Oscar Wilde o di  Tom Wolfe, nell’arte contemporanea Francesco Vezzoli, ma anche Frida Kahlo. A lei sembra ispirarsi in parte la diciannovenne fotografa  Olivia  Bee per le immagini del catalogo della collezione accessori primavera-estate di  Roger Vivier.  A iniziare dai look bamboleggianti, anche se con flash d’ironia, della modella d’eccezione, Miroslava Duma, giornalista di moda russa e idolatrata trendsetter. Per continuare con gli sfondi che mixano affreschi barocchi a fiori e piante tropicali, enormi e fintissimi da teatro per bambini.  Per finire con la ricercata insensatezza degli still life,dove borse e scarpe sono attorniate da ananas e banane o pendono dalla bocca di una tigre di cartone.   

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