mercoledì 15 gennaio 2020

CHIAMAMI CAINO


“S’indebolisce tutto quello che si esagera”. Così scriveva Jean François de la Harpe, scrittore e critico letterario parigino della fine del 1700, noto forse proprio per questa citazione. Citazione di grande verità che si adatta perfettamente al monologo Il mio      
nome è Caino, ispirato all’omonimo romanzo di Claudio Fava, portato in scena da Ninni Bruschetta. E’ un ritratto, come si può immaginare, del mafioso ma in termini così essenziali e scarni da diventare più disturbante e impressionante di una descrizione appassionata. Ninni Bruschetta, che ha curato nella prima rappresentazione anche la regia, ora di Laura Giacobbe, è Caino che invece di seguire la tradizione di famiglia per il comando nella mafia, ha preferito diventare un killer. Una professione che esercita  con il rigore e la competenza che avrebbe per qualsiasi altro mestiere. Emblematico l’inizio quando, forse seduto davanti a un giudice o forse immaginando di esserlo, parla delle differenze di un colpo mortale a seconda dall’ arma da cui viene sparato. Parole che proprio per la chiarezza senza enfasi con cui sono pronunciate raggelano. Anche nel racconto dell’uccisione comandatagli di un amico-fratello non ha mai momenti di esaltazione, non si vanta della sua crudeltà o del suo sangue freddo, ma parla con termini appropriati, lucidità, addirittura umanità, come descrivesse un lavoro o un’azione impegnativa, ma di ordinaria amministrazione. A rendere più spaventosamente reale la scena spoglia, con una sedia, un attaccapanni anni ‘50 e un pianoforte. A suonarlo Cettina Donato, pianista e direttore d’orchestra, con musiche composte da lei stessa che mettono insieme classico, popolare e jazz. Un modo senza effetti facili per coprire i silenzi, scandire i passaggi, accompagnare le parole  che rende ancora più vera e rabbrividente l’atmosfera. Lo spettacolo, prodotto da Maurizio Puglisi, è al Teatro Menotti di Milano fino al 19 gennaio per proseguire a Roma al Teatro Brancaccino, a Torino al Teatro Bellarte, quindi a Comiso (RG ), Corciano (PG) e Canicattì (AG).

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