mercoledì 4 dicembre 2019

COME IN UN FILM


Il titolo La figlia cinese sulla via della seta intriga. In un primo momento potrebbe essere l’anticipo di una storia, dopo confonde, crea dubbi, di sicuro dà aspettative. Contribuisce anche la copertina (foto Italo Bertolasi) con due donne dai grandi cappelli, una cinese l’altra occidentale, sullo sfondo di grattacieli. Dal commento sul retro di copertina il libro di Alessandra Dal Ri si presenta come un romanzo, ma non lo è. Nonostante ci siano tutti gli ingredienti: trama, personaggi, dialoghi, descrizioni, finale. Sarebbe meglio definirlo un racconto di viaggio. Di un viaggio vero e proprio, ma soprattutto di un viaggio interiore, nei pensieri, nelle fantasie, nelle reazioni di Bia, la protagonista. Bia è una giornalista freelance, proprio come l’autrice, che gira il mondo per intervistare personaggi, ma anche per sfuggire a un matrimonio stanco, senza batticuori e futuro. L’incontro con l’indecifrabile Li Mei, la figlia cinese, le restituisce i batticuori, con molto tormento. La loro frequentazione è fatta di appuntamenti in aeroporti, di momenti ritagliati dal lavoro, frenetico per la manager Li Mei, di pause in luoghi di relax, dove si aggirano presenze inopportune, ombre. I dialoghi sono intramezzati da sensazioni e riflessioni di Bia, così realistiche da coinvolgere il lettore. Notevole è la capacità di Dal Ri con pochi flash di raccontarti un luogo, che sia la hall di un hotel a cinque stelle, una strada di New Delhi, il banco di un mercato. Vedi i volti della gente, la consistenza degli oggetti, come in un film. L’ avvio del libro è lento, non è  chiaro dove ti vuole portare e poi a poco a poco ti immerge in un’atmosfera che ti sembra di vivere dall’interno. Il libro è edito da Albatros e parte del ricavato delle vendite è destinato alla realizzazione e al sostegno dei laboratori solidali di scrittura LetterariaMente.  

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