E’ così piacevole, ben studiato, interessante, pieno di spunti il Vitra Design Museum di Basilea, che qualsiasi mostra è un’occasione da prendere al volo per visitarlo. Non è così per Catwalk: The art of the Fashion Show, da ieri fino al 15 febbraio. Perché sarebbe un’attrazione in qualsiasi location. Non solo per l’unicità, dato che parla di moda, non riferendosi a uno stilista o a una maison, come varie mostre in giro. Ma perché parla della sfilata e della sua storia come fenomeno di costume: "quindici minuti di cui le immagini fanno il giro del mondo". Mettendo in evidenza le connessioni nel tempo con l’arte, la musica, lo spettacolo, l’architettura.
Il percorso espositivo si snoda in diversi saloni. S’incomincia dagli inizi del 900, con foto di Charles Frederick Worth che per primo ha mostrato alle sue clienti i capi indossati da modelle e non su manichini. O di Gabrielle Chanel che faceva scendere da una scala con specchi le indossatrici, "embrione" di una sfilata. O le bambole vestite di tutto punto in fil di ferro o quelle più realistiche dell’archivio di Balenciaga. Si prosegue con le prime sfilate dagli anni 50 in poi. A Parigi si sfila al Café de Flore o alla Brasserie Lipp. Accanto all’alta moda arriva il prêt-à porter. Kenzo trasforma le sfilate in feste, dove le modelle si muovono a ritmo di musica. Per Missoni una piscina di Milano diventa passerella. Fino ad arrivare alle top model con le quattro bellissime di Versace e alla sfilata spettacolo con folto pubblico, musica, applausi. Foto, ma soprattutto video e gli abiti sui manichini ricordano i casi più clamorosi. Alexander Mac Queen fa dipingere un abito sulla modella da due robot (foto in basso). Chanel trasforma il Grand Palais in un supermercato o nella pista di lancio di un'astronave (foto in alto). Le location sono sempre più ricercate e a sorpresa. Un parcheggio e un ospedale in disuso per Martin Margiela, intorno alla Fontana di Trevi per Fendi. Alessandro Michele per Gucci ripropone il Cyborg Manifesto in una finta sala operatoria con la modella che in mano tiene la propria testa, riportata anche in manichino (foto al centro). Louis Vuitton costruisce un’incredibile passerella nel cortile del Louvre (foto al centro). La creatività è dappertutto, persino negli inviti di cui molti esposti. Non si arresta neppure con la pandemia. Ed ecco nella quarta sala la collezione in miniatura di Dior in una casa di bambole. O un video in cui Balenciaga fa scendere in passerella i suoi capi sui Simpsons. Prada fa sfilare l’uomo in ambienti rivestiti di tessuti di vario tipo e colore, poi dati alle scuole di moda per i saggi degli studenti. Tutto questo si ritrova nel catalogo, trattato come un vocabolario con le parole chiave delle sfilate. Da Azzedine Alaya e Backstage a Yves Saint Laurent e Zenith (sala di concerto alla Villette di Parigi dove Thierry Mugler ha sfilato varie volte), passando per Front Row, dove non poteva mancare la foto della "dea della prima fila" Anna Wintour (Il diavolo che veste Prada, direttore di Vogue America), Set Design e Mary Quant.



Nessun commento:
Posta un commento