Il tema è datato, quasi cinquantenne. Se ne può sorridere e ironizzare ancora. Ma la domanda che ci si fa è se può continuare a reggere come spettacolo teatrale. Una risposta affermativa la continua a dare il titolo “Libertà obbligatoria”. Contradditorio fino al surreale, polemico, con la giusta venatura di humour. Ed è quell’ironia non cattiva, né per questo qualunquista e superficiale, che rende gradevole la nuova versione di Libertà Obbligatoria, grande classico di Giorgio Gaber e Sandro Luporini del 1976, da vedere fino al 31 ottobre al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano.
La regia è di Emilio Russo che, spiega, ha voluto considerare lo spettacolo di Gaber come "un classico da interpretare e pur nella sua universalità provare a contestualizzare". Ha preferito al monologo originale "una lettura collettiva tra musicisti e attori". E così ha introdotto, accanto al gruppo del precedente premiatissimo Far finta di esser sani, due attori di teatro, per rendere più chiaro e pregnante con le parole il pensiero di Gaber. Ed ecco quindi i bravi e convincenti Lisa Galantina e Gianluigi Fogacci dividere la scena con la piccola orchestra(un insolito quartetto) di Musica di Ripostiglio, Andrea Mirò definita "gaberiana per vocazione" con la sua voce entusiasmante e l’eclettico e brillante Enrico Ballardini. L’andamento non è serrato, non ci sono colpi di scena o effettacci, quasi per lasciare il tempo ai ricordi di affiorare e, forse, di confrontarsi con il presente. Si ride, si sorride, ci si sente coinvolti e gli applausi al ritmo delle canzoni lo confermano. Azzeccata la scenografia che racconta una casa dietro tende trasparenti. Divertente e interattivo con il pubblico il bis con Destra-sinistra . Forse inutilmente attesa da qualcuno La libertà (è partecipazione).
Nessun commento:
Posta un commento