mercoledì 8 maggio 2013

COLLEZIONISMO CASALINGO

 Cesare Zavattini e la sua collezione 
 Autoritratto di Depero

Ha chiesto l’autoritratto a tutti, meno che a Picasso, perché si vergognava. Nel 1941 Cesare Zavattini scopre la pittura. Non solo si mette a dipingere, ma decide di crearsi una collezione.   E a tutti gli artisti commissiona  un autoritratto  8x10 e un’ altra opera, sempre di quelle dimensioni, ma insiste soprattutto per l’autoritratto. Nel 1959   il suo “collezionismo casalingo”, come lo definisce, conta  1200 pezzi, che arriveranno a quasi 1500. Tutti con identiche cornici dorate rivestono completamente le pareti della sua casa romana di via Sant’Angela Merici.  Nel 1979, per ragioni  economiche, Zavattini è costretto, non solo a interrompere questa “enciclopedia del Novecento”, ma  a  venderla. La collezione si smembra, molte opere si perdono, ma nel 2008 un consistente nucleo di ben 152 dipinti, tutti autoritratti, viene messo all’asta  e la Pinacoteca di Brera a Milano  li acquista.   Ora, dopo quattro anni di restauri, si possono vedere, da ieri fino all’8 settembre, nella sala XV della Pinacoteca di Brera, in una mostra  intitolata  “A tutti i pittori ho chiesto l’autoritratto” . Tutti ripristinati con le cornici d’oro, uguali alle originali, che erano state eliminate in uno dei passaggi di  proprietà. Svariati, ovviamente i modi di interpretare l’autoritratto. Da Aligi Sassu in veste di vescovo a Fabrizio Plessi con il naso a rubinetto e la scritta “Scherzo per un poeta” su un lato. Dal patchwork di perspex, firmato Mario Schifano, alla fotografia di Michelangelo Pistoletto. Dal ritratto di Pericoli, che si era proposto allora giovane disegnatore,   al profilo in un unico tratto di Claudio Parmiggiani. E poi Depero in chiave futurista, Dino Buzzati con il cappello,  Alberto  Magnelli con le geometrie nel suo stile. Molto interessante anche il carteggio e la corrispondenza fra lo scrittore e gli artisti.   Dalle più o meno formali richieste alle scuse per il ritardo di consegna da parte di alcuni, dai solleciti  ai racconti delle sofferenze creative di altri. Fino ai testi di accompagnamento più ironici,  come quello di Gillo Dorfles che commenta l’astrattismo più assoluto  con “Forse non sono troppo somigliante”. 
In concomitanza con la mostra,  dal 29 maggio  e per tutto giugno, si svolge, allo spazio Oberdan e alla Cineteca, una rassegna dei più importanti lavori per il cinema di Zavattini.  Last but not least tre settimane di campus estivi per bambini ispirati a “Miracolo a Milano”, con percorsi nella città vista dal grande sceneggiatore. Esauriente il catalogo di Skira con appendice documentaria di Marina Gargiulo, curatrice della mostra.

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