giovedì 22 luglio 2021

MAMMA TI VOGLIO PARLARE

Continuano nel cortile di Palazzo Sormani, a Milano, gli spettacoli organizzati dal Teatro Menotti.  Un programma vario e variegato, che spazia dal teatro musicale al teatro di narrazione, dal teatro d’impegno civile a quello comico d’autore. Con l’unico neo di una sola sera di palcoscenico. Si è avvertito particolarmente per Masculu e fiammina in scena ieri. Prodotto da Scena Verticale di e con Saverio La Ruina è un monologo che parla delle problematiche dell’omosessuale in una forma straordinaria e convincente. Migliore di qualsiasi campagna o manifestazione. La Ruina è Peppino che sulla tomba della madre, mentre scende la neve, dopo frasi del più e del meno su vicini e vicinato, le svela la sua omosessualità, che non ha mai avuto il coraggio di confessarle in vita. Anche se quella raccomandazione materna “Stiatti attiantu” quando usciva la sera, faceva intuire l’aver capito che suo figlio era, come diceva lei, un masculu e fiammina o un maschio a cui piacciono i maschi, come lui preferiva si dicesse.

Ricorda i batticuori, l’accorgersi di guardare le gambe dei compagni piuttosto che quelle delle compagne, l’emozione del primo bacio e poi le storie più importanti, dolcissime, tenere, espressione di grande sensibilità, ma tutte mortificate dalla paura di renderle palesi alla gente, a quelli del paese, con i loro “Ricchione” sempre pronto. Il tutto senza mai arrivare al drammatico o al patetico,  ma solo per avere il rispetto che questo tipo di amore, non tradizionale, si meritava.  “Che ci siano uomini che amano altri uomini e i ricchioni siano solo delle grandi orecchie… “. Ogni tanto qualche commento di spirito, ma leggero senza banalità o volgarità, come quel rendersi conto che i suoi viaggi fuori casa duravano poco, perché doveva tornare dalla mamma che, combinazione, proprio in quei momenti si ammalava. Poetico e carico di significato il finale, quando Peppino dice di aver saputo che si può vivere a lungo facendosi ibernare, e così decide di distendersi accanto alla tomba della mamma, sotto la neve. Ma prima scrive un biglietto, per quelli che lo ritroveranno: “Svegliatemi quando il mondo sarà migliore”. Il monologo è interamente in un dialetto fra il calabrese, il siciliano, il napoletano e purtroppo ogni tanto qualche parola si perde. Ed è un vero peccato, perché in tutte le frasi c’è un concetto, un’idea, un sentimento, un pensiero profondo, importante, di grande umanità.


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