venerdì 25 gennaio 2019

DALLA PARTE DELL'ARTE



Un gatto dal folto pelo nero si aggira guardingo in un cortile.  Un bassotto, un border collie, un levrieroide camminano compunti al guinzaglio dei loro padroni, in una lunghissima coda  per entrare in una casa. All’interno, in una sala deserta, c’è una cassa di legno grigio con un piccolo buco sul fondo, da cui esce, solo con il muso, un topo che racconta una storia in inglese. Nessun problema per la sua incolumità, il gatto non riuscirà a raggiungerlo. Non è l’ultimo film di animazione della Disney ma l’inaugurazione di una mostra. Il gatto come i cani e i loro padroni sono veri, il topo, invece, è finto e fa parte di un’installazione. Siamo a 

Milano in Via Orobia 26 a pochi passi dalla raffinata e minimalista  nuova Piazza Adriano Olivetti e dalla Fondazione Prada. Qui, all’interno di un cortile, con l’insegna di un outlet di gelati, c’è l’ICA Milano, Istituto Contemporaneo per le Arti, aperto ieri sera. 

L’edificio degli anni ’30, abbandonato da più di vent’anni, all’esterno è fatiscente, ma senza il fascino dell’ archeologia industriale. L’interno è su due piani, collegati da una scala d’epoca in marmo di un certo pregio. Le pareti sono solo imbiancate e il soffitto è al rustico. I grandi finestroni sono l’unico elemento caratterizzante. Creato da un gruppo di collezionisti e diretto da Alberto Salvadori, storico dell’arte nonché curatore di molteplici mostre e iniziative artistiche, ICA Milano non è e non vuole essere un museo, perché non ha una collezione permanente. Ma non è neanche solo una sede espositiva. Si configura come uno spazio dove ritrovarsi “per raccontare e parlare d’arte”. Nel fitto programma, infatti, oltre le mostre, sono previsti appuntamenti di vario genere. Da piccole fiere di libri a proiezioni di film e docufilm, da reading e presentazioni di volumi e scritti a performance e workshop. Ad aprire Apologia della storia-The Historian’s Craft, mostra curata dallo stesso Alberto Salvadori e da Luigi Fassi, direttore del Man di Nuoro. Il titolo è quello di un testo dello storico Marc Bloch, pubblicato postumo nel 1949, da cui la mostra prende spunto. Come il libro è una riflessione sul ruolo della storia per capire le vicende umane, anche nel contemporaneo. Da vedere disegni, quadri, sculture, video, foto, ma soprattutto installazioni “che ricercano nel presente i segni dei mutamenti in atto, delle tensioni verso il futuro, a partire dalla comprensione del passato”. Dodici gli artisti provenienti da tutto il mondo (uno solo italiano) e di tutte le età, alcuni noti, altri meno. La mostra chiude il 15 marzo. ICA Milano è aperto da giovedì alla domenica, dalle 12 alle 20, con  ingresso libero.   


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