giovedì 1 marzo 2018

QUANDO SI DICE SFILARE DA CANI



          
Nessuna top model, forse per concentrare l’attenzione sui capi, soprattutto  cappotti, impermeabili, piumini.  Molti degli indossatori, di ambo i sessi,  erano  alla loro prima esperienza di passerella. In complesso un casting ben fatto per scelta di tipi multietnici, ma che lasciava molto a  desiderare quanto a professionalità. Nonostante gli sforzi delle due modelle e del modello diversi, certo professionisti, che li accompagnavano. Si fermavano all’improvviso, si sedevano per terra, camminavano lenti, addirittura si avvicinavano al pubblico in prima fila, con approcci da entraineuse. Certo nessuno ha mai inciampato o è caduto dai tacchi, anche perché erano tutti a piedi nudi, nonostante indossassero capi per il grande freddo. Probabilmente una scelta stilistica che voleva essere dirompente. Molti comunque gli applausi non si sa bene se d’incoraggiamento per gli indossatori alle prime armi o per le collezioni con pezzi davvero ben studiati e interessanti. Particolarmente applauditi in finale due indossatori altissimi e filiformi. Non per la loro eleganza  ma per la triste storia alle spalle, in quanto salvati dall’associazione G.A.C.I. che dal 2002 si occupa di far adottare i levrieri cacciati dai cinodromi inglesi e spagnoli, dopo una vita di sfruttamento.  Nessun racconto strappalacrime, invece,  dietro agli altri, cocker, pincher, chihuahua, barboncini di vario colore, bulldog francesi  vestiti con cappotti di tweed, piumini, paltò in ecopelliccia colorata (a destra), capi tecnici per la pioggia, maglioni a trecce, maxifelpe con ricami pop  di Croce Quality & Service for pets, azienda nata a Varese nel 1990. O del nuovo brand Anada, creato da Dario Croci e Anastasia Bessarab, che ha proposto una collezione british style per cane e padrona/e (a sinistra).

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