martedì 6 febbraio 2018

COSA C'E' IN UNA ROSA?


Capita di trovarsi di fronte a un’idea interessante, addirittura geniale e scoprire che aveva dei precedenti nel passato. Non s’inventa più niente, potrebbe essere il commento semplicistico ma appropriato. Ma poi la realtà che ci circonda ci smentisce.  Guardarsi indietro, soprattutto in certi contesti, non è un’operazione nostalgia, reazionaria e fine a se stessa ma una tappa per l’evoluzione. Prendere spunto dall’arte nella moda non nasce con i grandi del pret-à-porter. Le contaminazioni non sono un’invenzione dell’ultimo quarto del secolo scorso. Anche per questo la mostra di Rosa Genoni (v.foto), curata da Elisabetta 
Invernici, va assolutamente vista.  Esposti abiti e accessori realizzati da scuole di moda, ma anche da maison importanti, ispirati ai disegni della sarta stilista nata nel 1867, che nei primi del  Novecento ha vestito le signore più eleganti oltre che le più famose attrici dell’epoca. Ma quello che più interessa sono le fotografie che raccontano come questa donna sia stata una vera creativa e soprattutto come per prima abbia capito che la moda non significa solo vestiti per coprirsi, ma è una forma d’arte. Lo dimostrano in una vetrinetta pizzi, ricami piuttosto che pezzi di tessuto (foto in basso)con  a fianco il disegno di un abito, da cui si intuisce che Genoni partiva proprio da quel particolare. L’ispirazione alla pittura non si limita a prendere spunto dalla sensuale femminilità della Primavera del Botticelli, ma guarda ai mosaici di Ravenna, ai colori e alle figure inquadrate in geometrie di Giotto nella Cappella degli Scrovegni, addirittura al San Giorgio del Mantegna per il completo da caccia. Ovviamente rielabora, trasforma, nell’abito botticelliano sostituisce rose e garofani con i fiori timidi e meno appariscenti delle montagne valtellinesi, dove era nata, le margheritine di campo piuttosto che le stelle alpine.  Come particolare e personale è stata la scelta di presentare i suoi abiti all’Esposizione universale di Milano del 1906 non nel settore moda, ma in un piccolo padiglione fra le arti decorative.  Anche come donna ha precorso i tempi. Femminista, attenta ai problemi sociali e alla difesa del lavoro, con il coraggio di portare avanti le sue idee, tanto da essere cacciata dall’Umanitaria, dove insegnava, per non aver accettato di prendere la tessera del partito fascista. Ci si domanda come mai non se ne sia parlato abbastanza da farla conoscere. La mostra è all’Archivio di Stato di Milano fino al 24 marzo. 

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